Archivio mensile:Gennaio 2015

Quel giglio bianco

 

 

Quel giglio bianco venato di rosso
con lo stelo reciso
che avrei voluto appuntare
tra i tuoi capelli sciolti.
Avrei voluto adornarti
con questo diadema d’amore
e dopo baciarti, per sentirne il profumo.
Ma non ho avuto il coraggio
e il giglio bianco venato di rosso
è rimasto lì, a seccare al sole cocente.
Misera fine per il più bello dei fiori
triste presagio di una più dura rovina.
Quei giorni passavano splendidi
e i mesi a seguire altrettanto
ma poi dopo tutto marcì
come quel giglio bianco venato di rosso.
Avrei dovuto appuntarmelo io
quella mattina d’estate.
Avrei dovuto piantarmelo dentro.
Di te e di quel giglio
è rimasto solo un intenso profumo.

 

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Il legato di Innocenzo III e la soluzione ai problemi di oggi

 

Agli inizi del ‘200, in quella regione della Francia meridionale chiamata, all’epoca, Linguadoca, poiché vi si parlava la lingua d’oc, la lingua delle poesie dei trovatori e dell’amor cortese, imperversava, dal punto di vista della Chiesa Cattolica Romana, la tremenda eresia catara. Questa postulava il dualismo teologico, ovvero l’esistenza di due divinità, un Dio malvagio e un Dio buono. I catari ritenevano che il mondo materiale fosse l’inferno, che il corpo degli uomini fosse stato creato dal Dio malvagio e l’anima, invece, dal Dio buono. La salvezza, credevano, avvenisse attraverso Gesù Cristo: egli avrebbe rivelato la verità, liberato gli spiriti imprigionati nei corpi e indicato la via per giungere al Dio Buono. Codeste dottrine, unite al rifiuto in toto dei beni materiali e di tutte le espressioni della carne, risultarono terribilmente pericolose agli occhi di Sua Santità Innocenzo III (immagine a destra) e dell’establishment cattolico. Il papa, quindi, si prodigò alacremente per sterminare i catari ed estirpare, così, il loro credo velenoso. Dopo aver tentato invano di coinvolgere il re di Francia Filippo Augusto, riuscì ad armare un esercito, capeggiato da alcuni feudatari del sovrano, al comando di Simon de Montfort. Il 22 luglio del 1209, i mercenari del papa penetrarono dentro le mura  della città di Béziers, abbandonandosi agli assassinii più laidi e alle devastazioni più truci. Colà, però, non vi erano rifugiati solo i catari, ma anche cattolici fedeli al papa e alla santa dottrina della Chiesa. qIl legato pontificio Arnaud Amaury, interrogato da un soldato sul modo con cui distinguere gli eretici dagli altri, rispose: “Uccideteli tutti! Dio riconoscerà i suoi!”. Questa terribile storia fornisce il pretesto per una riflessione più che attuale: in quelle zone della Terra attanagliate da gravi problemi come la malavita organizzata, il terrorismo, le guerre civili, le prepotenze, i soprusi, quelle zone in cui, insomma, i problemi sono cagionati dagli uomini, se si potesse adottare il metro di Arnaud Amaury, probabilmente, si risolverebbe tutto, tanto, poi, Dio riconoscerà i suoi!

 

Pubblicato il 23 agosto 2011 su www.caravella.eu

 

 

Lascia che sia io

 

 

Se volessi essere dolce per qualcuno
come i boccioli rosa
di un albicocco in fiore,
lascia che sia io.
Se volessi permettere a qualcuno
di perdersi nei tuoi occhi
dove si può vedere la bellezza
della terra in cui vivi,
lascia che sia io.

Se volessi mostrare a qualcuno
come volare spinto dalla brezza d’estate
che soffia al tramonto,
lascia che sia io.
Se volessi prendere il cuore di qualcuno
con le tue labbra
dello stesso sapore del mare,
lascia che sia io.

Se dovessi aver bisogno di qualcuno
che sappia seguirti da lontano
senza perderti mai, nemmeno un momento,
lascia che sia io.
E se tutto questo
resterà solo un sogno,
lascia che sia io.

 

MarcoSox

 

 

Iperione di fronte alla crisi greca: quella di Hölderlin

 

Nella storia della letteratura mondiale vi è un capolavoro assoluto, scritto in tedesco, nel 1797, da Johann Christian Friedrich Hölderlin (immagine a sinistra), un testo in cui la tensione poetica non è inferiore a quella di autori considerati insuperabili, come Dante Alighieri e William Shakespeare. Quest’opera è Hyperion oder der Eremit in Griechenland (Iperione o l’eremita in Grecia). In essa, è narrata la storia del giovane eponimo greco il quale, tornato nella sua terra e trovatavi una situazione politica catastrofica, scrive all’amico Bellarmino, rimasto in Germania, raccontandogli le sue esperienze. Iperione vive nella metà del XVIII secolo nella Grecia Meridionale, immerso nella natura, dove, introdotto dal saggio pedagogo Adamas al mondo eroico di Plutarco e a quello incantato delle divinità greche, si appassiona alle antichità del suo Paese. Più tardi, conosce Alabanda, unico a condividere i suoi ideali riguardo un progetto di liberazione della sua patria, pur non condividendone la visione sul ruolo dello Stato. 1Poi, l’incontro con Diotima, a Kalaurea, della quale finisce per innamorarsi e che durante un viaggio, di fronte alle rovine di Atene, gli infonde la forza per tramutare i suoi ideali in azione. Il giovane, così, partecipa alla guerra di liberazione della Grecia dai turchi. La lotta, però, lo cambia profondamente: viene ferito gravemente, Alabanda deve fuggire perché ricercato e una lettera gli annuncia la morte di Diotima, consunta dal dolore perché lo crede morto. Iperione comincia a vagare senza meta e senza scopo. In Sicilia, alle pendici dell’Etna e, poi, in Germania. Decide, infine, di tornare in Grecia, dove inizia una vita di eremitaggio, scoprendo, ancora una volta, la bellezza della natura, nella quale risuona la voce della sua amata Diotima. Riesce, così, a superare la tragicità della sua solitudine. La poesia di quest’opera insegna ad amare la Grecia, terra dal cui spirito e da quello del cui popolo, parafrasando un altro grande connazionale di Hölderlin, Georg Wilhelm Friedrich Hegel, è nata tutta la nostra civiltà occidentale.

 

Pubblicato il 20 luglio 2011 su www.caravella.eu

 

 

 

Aforismi & Pensieri

 

Quando Dio distribuì la modestia io ero al bar a bere un paio di Gin&tonic.

Un milione di parole d’amore non valgono anche poche gocce di sudore di due corpi che si stringono e si amano.

Una madre non ha bisogno di scrivere poesie. I suoi pensieri sono già poesia. Di semplicità, di assoluto, di amore, di quanto le accadrà nel grembo, di dolore.

I poeti sono così abili a celebrare quanto sono incapaci di farsi amare.

L’amore non chiede nulla in cambio se non il rispetto.

Amo le donne la cui bocca sa di vodka&lime e odio quelle le cui parole profumano di vacuità!

Un libro è un bacio clandestino. È odore soffocante di donna, è un’ora di passione affamata, è il piacere a lungo cercato. Un libro è un atto d’amore solitario, è un amplesso furtivo. Un libro è godimento insaziabile. Io amo i libri. I libri sono le mie puttane!

La poesia non è nei versi del poeta, ma negli occhi di chi la ispira!

Non desiderare la donna d’altri. Il comandamento più anti-vitale di tutti. E quello che amo infrangere di più!

La prosa è una mano tesa al lettore che lo accompagna per sentieri di carta e di inchiostro. La poesia è un calcio un culo che lo spinge a scoprire il mondo!

Ogni uomo dovrebbe adorare le donne come adora la propria madre, siano queste sorelle, mogli, figlie, amiche. La donna-madre è l’epitome del principio femminile dell’Universo.

Diego Armando Maradona non calciava punizioni, dipingeva poesie!

Ogni madre è l’Universo!

Talvolta si entra in paradiso soltanto attraverso le porte dell’inferno!

Le psicologhe delle donne sono le parrucchiere e i barbieri quelli degli uomini. I miei sono i baristi.

La poesia è il ponte tra gli anni delle nostre vite.

Ogni libro parla di altri libri, allo stesso modo in cui ogni donna parla di altre donne.

La storia rende racconto eventi apparentemente quotidiani e normali, trasfigurando le esistenze e le azioni degli uomini nel ricordo immortale.

La donna è una macchina meravigliosa il cui funzionamento nessun uomo potrà mai imparare a comprendere.

La poesia non ha bisogno del noto. La realtà della poesia è l’immaginazione e la meraviglia. E lo stupore!

Il sonno notturno è la metonimia di quello eterno. Nel secondo, però, non vi sono sogni!

Talvolta, una donna è capace di racchiudere nel suo cuore l’intera storia del mondo.

La poesia è spiritualizzazione di carne e di sangue, è materia che diventa pensiero. È corpo che si fa canto!

Gli uomini non capiranno mai le donne, ma le donne non capiranno mai di uomini.

Il pentimento, l’espiazione della pena e finanche i nuovi costumi, non cancellano mai la condotta morale che li ha generati.

Una donna capace di ispirare versi (la bellezza della poesia è in rapporto univoco con la sua ispirazione) non ha bisogno di nulla e di nessuno. Quei versi gridano al mondo che ella basta a se stessa. Che ella è una dea!

Amo, allo stesso modo, le diciottenni e le quarantenni, per ciò che esse mi raccontano: le prime, i loro sogni, le seconde, le loro disillusioni.

Preferisco essere il problema, non la soluzione.

Un vero uomo può ancora scegliere la propria donna. All’imbecille non resta che farsi scegliere e farla innamorare.

A volte anche in un certo tipo di dolore può esservi qualche forma di bellezza.

Molti uomini sono, per le donne, come zerbini sui quali esse lucidano le proprie scarpe, che altrimenti rimarrebbero sporche.

Si è veramente felici quando non si sente il bisogno di entrare in alcuna macchina del tempo!

Una donna non è mai, mai d’altri. Essa è solamente di se stessa. E della sua meravigliosa unicità!

Si può lottare e vincere contro chiunque, tranne contro gli imbecilli oltremodo assistiti dalla fortuna.

La catarsi artistica è essenzialmente immedesimazione.

Vorrei fare con il tuo cuore ciò che il primo sole di primavera ha fatto con la mia magnolia!

La bellezza delle donne è nella loro complicata semplicità.

La verità non è mai offensiva, lo sono le bugie.

La donna è il centro dell’Universo. La donna-madre è l’Universo!

Divertitevi, perché il Regno dei Cieli è lontano!

Il ricordo di una donna, intesa come ispirazione poetica, non proietta mai l’uomo nel passato, né fa rivivere questo nel presente. Quella donna appartiene a una dimensione continua, che perpetua se stessa nell’eternità fuori del tempo.

Non mi piace chiedere, mi piace meritare.

Divina è la mistica di una donna che, coi capelli legati a chignon, li scioglie. E li lascia cadere sul collo.

Quando due anime belle si incontrano, danzano insieme e la danza diventa quello che sarebbe potuto accadere o che accadrà.

La donna è arte. All’uomo resta soltanto l’essere artista.

La modestia è soltanto una maschera indossata dagli uomini senza qualità.

Non importa definire ciò che sono un uomo e una donna in relazione. Qualunque cosa siano, importa che la vivano!

La solitudine può essere l’aristocrazia di alcune menti maschili, ma il corpo di una donna, che si muove negli occhi di un uomo, e la sua anima, che vive nella mente di qualsiasi uomo, ne sono splendente regalità!

Soltanto chi crede in Dio, qualsiasi Dio, può essere superstizioso. La superstizione e la religione, infatti, hanno le stesse matrici: la paura e l’ignoranza. In fondo, la superstizione è anch’essa una forma di religiosità, meno sofisticata e ancora più immediata!

Un dissoluto vale, almeno, cento sobri! Questo lo hanno insegnato le storie dell’arte figurativa, letteraria, musicale, amatoria.

Molte donne sono abili a pretendere e ottenere dagli uomini ciò che esse non vorranno mai loro concedere.

Un bel corpo è sicuramente più eccitante di una bella mente.

È il tempo a giudicare l’artista, non il successo, anche perché, la quasi totalità dei fruitori, non capisce nulla di arte.

La buona educazione è l’unico vero abito elegante che un gentiluomo deve indossare. Essa è il frac del gentiluomo.

La critica del relativismo, in filosofia, in politica e in religione, presuppone il dispotismo e la dittatura del pensiero epistemologico, sociale e credente!

Le mezze misure sono per le mezze persone. Gli uomini veri prendono l’intero, nell’uno o nell’altro verso.

Gli esseri umani preferiscono soffrire separatamente piuttosto che essere felici insieme.

Basta anche soltanto la brusca frenata di un tram per avvertire la leggerezza e il delicato profumo di ciò che sembra essere venuto dal cielo!

Nel dizionario della mia generazione il lemma felicità è divenuto sinonimo di nostalgia.

La volgarità è l’unico modo d’esprimersi per farsi comprendere da quegli imbecilli che se ne scandalizzano.

Il confine tra arte e semplice poiesi è fin troppo labile. L’arte è negli occhi di chi guarda, a patto che questi, quando necessario, siano opportunamente guidati dall’artista.

Indossare i propri abiti migliori spesso non serve. Bisognerebbe vestirsi di stracci, specialmente dinanzi a coloro i quali non conoscono che cenci e canovacci.

Sono abbastanza certo che la seguente possa essere una delle cosiddette verità di natura: quando una persona, uomo o donna che sia, seppur piena di spasimanti, rimane sola, o non valgono nulla gli spasimanti, o non vale nulla quella persona.

Si ci ostina a giustificare i comportamenti altrui, sovente incolpando se stessi, senza rendersi conto che, spesso, si è stati soltanto, semplicemente e candidamente, presi per il culo.

L’assurdo nella vita è fantasticare di cose che qualche tempo prima erano state reali.

Chi si accontenta, è fesso!

Coloro i quali chiamiamo onorevoli, sono quelli che maggiormente ci disonorano.

È il vizio, in definitiva, ciò che distingue l’uomo dall’animale.

Nell’avere successo spesso la bravura è soltanto la variabile indipendente di quella funzione chiamata fortuna.

Gli uomini incantati dalle donne e abili a comporre versi sostituiscono, all’uopo, il testosterone con la poesia. Le donne, invece, hanno poesia e tutto il resto. Sempre!

Nei paesi civili, accusa, processo e condanna sono il cursus honorum dei delinquenti. In Italia, quello dei politici.

La solidarietà femminile talvolta, può essere più pericolosa della complicità tra assassini.

Quando l’amore diventa fastidio vuol dire che il mondo dei fenomeni è definitivamente alla frutta.

Le poesie non le scrivo. Le poesie le vivo!

Che meraviglia le donne, specialmente quando profumano di borotalco!

Quando un certo tipo di persone mi manifestano apprezzamento a vario titolo, beh, inizio seriamente a preoccuparmi!

La democrazia grammaticale ha le stesse controindicazioni di quella parlamentare!

Alla mia età le storie d’amore o durano un mese o tutta la vita.

Il valore di un uomo di potere è determinato dalla valentia dei propri collaboratori e di quanti dai quali si lascia accompagnare.

Ormai c’è così tanta abitudine a camminare nel fango che quasi nessuno è in grado di percorrere sentieri asciutti!

Nel mondo di oggi l’amore è un problema personale, non più un affare di coppia.

La questione morale per la sinistra italiana ha lo stesso valore della Donazione di Costantino per la Chiesa cattolica.

Orfeo non butterà mai la sua lira, nonostante muoia una Euridice ogni giorno!

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La bellezza di una donna non è nelle sue forme, né nei rapporti che l’occhio percepisce tra esse. La bellezza di una donna è il numero aureo della sua sostanza, la divina proporzione della sua estensione. Essa è misura del respiro dell’anima di chi è in grado di contemplarla!

L’Amore materno è l’archetipo di tutto ciò che gli uomini chiamano amore. È il modello con cui la Natura ha vivificato qualsiasi tipo di affezione positiva leghi tra loro le creature viventi: l’amore fraterno, parentale, amicale, relazionale, carnale e omosessuale. L’Amore materno è il canto della Natura, il germoglio della vita. Esso è fatto di carne e di sangue, di cuore e di battiti, non di versi dei poeti, perché l’amore dei poeti non dà la vita, celebra soltanto ciò che dà la vita. L’Amore materno è la prova naturale del fatto che la Donna-Madre sia stata incoronata e messa a sedere sul trono dell’esistenza. Nella religione della Natura, di cui io sono fedele, la Donna-Madre è l’unica divinità da adorare. Benedetta, dunque, la Donna-Madre, seme della storia del mondo, fiore della passione, origine e fine della vita.

Di che colore è l’anima di una Donna? Non è bionda, rossa o mora come i suoi capelli, non è azzurra, verde o nera come i suoi occhi, non è cremisi come il suo rossetto, né pastello come il suo ombretto. Essa ha il colore del fiore della vita, il colore della storia del mondo, del ciclo delle stagioni. L’anima di una Donna non ha colore che possa essere percepito distintamente. Essa ha il colore di una coppa di luce, dalla quale bere fino a ubriacarsi e perdere i sensi e al risveglio trovarsi di fronte a una porta spalancata, dietro la quale c’è uno specchio. L’anima di una Donna è uno specchio. Lo specchio non ha colore, riflette ciò che ha davanti. Guardate una Donna e vedrete voi stessi, la vita, la storia del mondo e del tempo.

Se volessi farle provare il dolore fisico che lei non può infliggerti, perché è più debole; se volessi che provasse il dolore morale, col quale può annientarti, perché è più forte, ricorda. È una donna: l’unica creatura capace di renderti completamente uomo!

Le donne non sono belle o brutte, stupide o intelligenti, dolci o insensibili, ragionevoli o caparbie, leali o disoneste, sincere o bugiarde, poesia o maldicenza, vergini o puttane. Esse sono così, semplicemente, meravigliosamente, e, unicamente, donne.

Quanto è poco materna la donna, oggi. È nella maternità che essa sublima la sua natura superiore, non negli smalti o nei belletti, nei tacchi e nelle silhouette filiformi. Bisognerebbe tornare ai tempi in cui Tiziano dipingeva le sue Veneri e, molto più indietro, al matriarcato delle società delle origini, quando gli uomini veneravano, nella Dea Madre, il grembo della Donna Madre.

La superiorità della donna sull’uomo è anche, ma non solo, nell’uso “politico” che ella fa dei propri ormoni: l’uomo usa il testosterone, peraltro non sapendolo controllare, unicamente per procurarsi, attraverso la donna, piacere, laddove la donna, sguinzaglia l’estrogeno per taglieggiare e annichilire l’uomo, che non ha alcuna possibilità di opporvisi. Tutto il resto, sono canti di poeti e bestemmie di cornuti!

Strambo e bislacco popolo quello italiano o, almeno, una parte di esso: si protesta, stracciandosi le vostri come farisei, contro l’approvazione del divorzio breve, come se l’essenza profonda del matrimonio fosse soltanto un affare tra burocrati o la benedizione, conto terzi, di un uomo vestito in modo stravagante. E l’amore? E la spinta a intravedere nell’altro colui o colei con il quale trascorrere il resto della propria vita per costruirne altre? Strambo e bislacco il popolo italiano, per non dire altro!

Zeus si tramutava in cigno, in toro, in nuvola, e ingravidava tante donne. Il Dio cristiano, più dialetticamente, si trasformò in Spirito Santo, e ne ingravidò una soltanto. Favole! Greche le prime, giudaica la seconda. Le prime, però, produssero Cultura, Letteratura e Filosofia, la seconda, schiavitù morale, Indice dei libri proibiti, ritardo alla scienza, roghi di innocenti, lo IOR e anelli di diamanti per il papa!

Combattere fino alla morte è un imperativo e fa di ciascuno un eroe. Ma è pur vero che, chi seguita a combattere con la evidente certezza di perdere, a causa dell’incommensurabile disparità di forze, non è un eroe. È un imbecille.

La verità, il più delle volte, si nasconde soltanto agli occhi degli innamorati e degli imbecilli (non c’è collegamento tra questi due stati). Solamente gli imbecilli, però, nascondono la verità, salvo, poi, essere quasi sempre smascherati. Anche dagli innamorati!

L’unica cosa che mi interessa è il mio estratto conto. Ormai, ci hanno monetizzato anche l’anima e i sentimenti. Tutto è prezzo. Siate orgogliosi di pagare i sentimenti. Pagate con fierezza per avere un bacio, così come per mezz’ora d’amore per strada, perché, quando vorrete donarvi a qualcuno, questo vi chiederà soltanto il conto. Belzebù è un agente di commercio migliore di quello che vi hanno insegnato i preti!

Ogniqualvolta, in Italia, il legislatore metta mano alla regolamentazione circa la presenza di donne nelle liste, si compie un atto, a mio giudizio, discriminatorio e sessista. Non perché la legge in sé presenti particolari vùlnera, quanto piuttosto poiché è un vulnus la legge stessa. L’inserimento di donne nelle liste e, auspicabilmente, la loro elezione ai consessi civici, dovrebbe essere spontanea e non regolata da alcuna legge. Sentire l’esigenza di emanare una legge e, quindi, l’obbligatorietà, per garantire una certa quota di donne nelle pubbliche amministrazioni è già, di per sé, un’offesa alle stesse. Inoltre, il terrore dei candidati maschi di vedersi dalle donne superati, in termini di voti, grazie alla doppia preferenza, e il conseguente invito, sovente espresso al proprio elettorato, a non esprimere quella doppia preferenza, bene dimostra quanto ancora si sia lontani da un sereno rapporto reciproco, almeno in termini elettorali, tra uomini e donne. È così, come direbbe Cesare Beccaria, che, in Italia, va il mondo dei delitti e del(le) pene!

 

 

Per sempre

 

 

Per sempre
darò all’amore il tuo nome
lo porterò
a dar luce alle stelle
e la più bella di quelle
avrà il tuo medesimo nome.
Per sempre
seguirò quella stella
dove la notte si perde
nelle tenebre vinte
dal nuovo giorno che nasce
su un raggio di sole che si colora di verde.
Per sempre
lascerò che quel raggio
m’illumini il viso
e riscaldi il mio cuore
troppo a lungo deserto
perché colmo di cose inservibili.
Per sempre, dunque,
darò all’amore il tuo nome
e continuerò a chiamarti
anche se adesso non puoi più sentirmi
io chiamerò il tuo nome
fino a restar senza voce
per sempre.

 

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Via dei Fori Imperiali

 

 

Passeggiavo di lì, in via dei Fori Imperiali,
quei torridi pomeriggi d’estate,
solo, col capo chino, a terra
a scalciare pietruzze e sassolini.
Mi si impolveravano le scarpe,
quando passavo davanti la tomba di Cesare,
faceva caldo e avevo sete,
trovavo sempre quella fontanella.
Meditavo, come uomini prima di me,
su quelle stesse lastre di selce secoli prima,
sospiravo, deliravo, ti bramavo,
ignaro di quanto ci sarebbe accaduto.
 
*******
 
Passeggiavo di lì, in via dei Fori Imperiali
e il vento mi agghiacciava il petto,
solo, con lo sguardo verso l’alto, tra i pini,
a cercare quei torridi pomeriggi d’estate.
L’estate di un altro millennio,
di un tempo perduto, sparito, mancato,
di un desiderio non ancora divenuto reale,
di un altro uomo che ero.
In Via dei Fori Imperiali,
ho innalzato il monumento al mio amore per te,
tra le statue di bronzo e i muri di pietre,
ho sepolto il mio cuore straziato.

 

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Mai più

 

 

Se mi chiedessi perché
non saprei rispondere.
Ma poi, a cosa servirebbe?
Non mi resta che raccogliere i pezzi
rammendare il vestito di te
che avrei dovuto indossare
per non soffrire il freddo
provare a ricordare le parole
per permettere al silenzio
di ricominciare a parlare,
tutte le volte che penserò
a te e al tuo sorriso
alle tue lacrime e alle mie
alle promesse
a quello che tu non volevi
io facessi
a quella piccola Stella
che resterà soltanto un’idea
una splendida idea
come te.
E a tutto quello che
avrebbe dovuto significare
per sempre
e invece adesso
vuol dire
mai più.

 

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