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Sisters of Mercy

 

Ascoltare i Sisters of Mercy è un po’ come fare un viaggio dannato negli inferi del rock. Tra voci catacombali, cavalcate elettroniche e danze tribali, la band è riuscita nell’impresa di stregare l’intera generazione anni ‘80 e non solo. I Sisters of Mercy, assieme ad altre band sistersofmercy_1_1354922937importanti come i Bahuaus o la “regina della notte” Siouxsie, sono tra i principali protagonisti della stagione dei “darkettoni”, ragazzi vestiti rigorosamente di nero e adoratori di una musica tetra e depressa. Ma, in realtà, la band britannica è andata ben oltre gli stereotipi del genere, riuscendo a coniare un sound personalissimo, dato dalla combinazione tra chitarre distorte, in stile hard rock, e ossessive ritmiche elettroniche. Un sound maestoso e imponente, capace di evocare passioni violente, grazie anche al timbro vocale del “messia del gotico”, il cantante Andrew Eldritch, vero e proprio asso della band. Il gruppo si forma in Inghilterra, a Leeds. Sisters of Mercy (sorelle della misericordia) sono le prostitute dell’omonima canzone di Leonard Cohen. La band ama l’ambiguità tra il significato originale dell’espressione, che si riferisce ad un ordine di suore, e la prostituzione. latestL’esordio non è dei più facili. Partiti da un funk rock snobbato dal pubblico, il timone della nave è presto preso da Eldritch, il quale, col suo carisma e la sua voce cavernosa, riesce a conquistare i patiti del rock e, in particolare, della darkwave anni ‘80. Nel 1983, la band riesce a sfondare ed entrare nell’olimpo degli dei del dark, assieme a Siouxsie, Bahuaus, Cure e Joy Division. I Sisters of Mercy irrompono sulle scene con un sound rock molto elettronico, ossessivo e pieno di riferimenti esoterici. Con questa formula, arrivano i primi successi, come “Anaconda” (ascolta) e “Alice” (ascolta), destinata, poi, a diventare uno dei loro capolavori. “Alice” sembra il classico pezzo in stile Siouxsie, a cui si aggiunge, però, quel tocco di originalità, grazie alla voce lugubre del “messia del gotico”. I Sisters of Mercy sono ormai pronti per il grande passo e registrano il loro primo Ep, “The Reptile House“, Merciful Release, 1983 (ascolta). In questo Ep sono già presenti i primi gioielli della band, come la cover spettrale di “Gimme Shelter” (ascolta) e “Temple of Loveindex (ascolta), destinata a divenire leggenda, uno dei più grandi pezzi della storia del dark e del rock tutto. Subito dopo l’Ep, la consacrazione a dark band di culto con l’album “First and last and always“, Merciful Release, 1985 (copertina a destra). Il disco è, in assoluto, il più brillante della loro carriera. La band riesce a coniare, sin dall’esordio discografico, uno stile assolutamente unico. Le loro atmosfere sono tra le più macabre della stagione dark, grazie, soprattutto, al cantato catacombale di Eldritch. Ma ascoltandoli, il lato oscuro della loro musica passa a volte inosservato, perché i Sisters of Mercy riescono, nonostante tutto, a proporre canzoni ballabili e di una certa metodicità. “First and last and always” (ascolta) è una sintesi di tutto il loro modo di fare, e contiene, tra l’altro, la canzone più malata della band: “Marian” (ascolta), una spaventosa danza macabra, un cerimoniale tetro e di eterna perdizione, cantato dal “messia del gotico” in un tono così basso e cavernoso da incutere persino paura. “Marian” è una canzone che da sola vale un intero disco ed è, senz’altro, uno dei capolavori indiscussi del dark e, oserei dire, del rock tutto. Oltre “Marian“, nel disco spicca anche “Black Planet” (ascolta), una canzone depressa e ipnotica, con tanto di cori liturgici come da migliore tradizione del dark. “Walk away” (ascolta) è, invece, una canzone sfrenata e distruttiva, in cui si nota chiaramente l’influenza dei Cure. “Possession” (ascolta) è un vero e proprio rituale del male: TSOM85+-+1una canzone lenta e paranoica, dall’atmosfera tanto avvolgente quanto inquietante. Il disco chiude in bellezza, con un altro capolavoro, la lunga “Some kind of stranger” (ascolta), che sembra quasi voler evocare una marcia di dannati verso l’inferno. Dopo il primo disco la band pubblica altri due validi album, per poi sciogliersi. “First and last and always” rimane il loro capolavoro assoluto, un disco tetro e claustrofobico, depresso e pieno di paure. Un disco dominato da danze macabre e misteriose e che, grazie alle sue atmosfere da rituale occulto, mescolate a ritmi ballabili, sembra quasi voler invitare l’ascoltatore ad affrontare i propri demoni interiori e non aver paura dell’ignoto. Un disco che accompagna nelle tenebre e mostra che, in fondo, queste non sono così negative come abbiamo sempre creduto.

Pier Luigi Tizzano

Dead Can Dance

 

Maestosa creatura, i Dead Can Dance (Brendan Perry e Lisa Gerrard) sono il più importante e influente progetto di quella corrente gotica e d’atmosfera, figlia diretta della dark wave degli anni ‘80. Nessuno come loro, in questo campo, è riuscito a raggiungere risultati di così ampio respiro e a toccare vette inesplorate per la maggior parte delle band del filone dark.oglly2vt Dead Can Dance è, prima di tutto, un progetto culturale, poi, musicale, volto alla riscoperta di antichissime tradizioni religiose e tribali. La loro saga ha esplorato tempi, luoghi e tradizioni diverse, in particolare quella folk europea dell’epoca medioevale e rinascimentale, riscoprendo sia la musica sacra che quella tribale e allontanandosi, disco dopo disco, sempre di più, dai canoni musicali del rock. Immaginare la storia della musica gotica senza di loro è un po’ come immaginare la storia della musica rock senza i Led Zeppelin. E con questo, credo di aver detto tutto. I Dead Can Dance nascono nel 1981, a Melbourne, Australia. Hanno prodotto otto album, all’insegna della sperimentazione e della ricerca di sonorità sempre più cupe e d’atmosfera, lasciando in eredità un immenso patrimonio musicale, che ha dato il via alle danze del filone gotico ambientale, capitanato da band come i Black Tape for a Blue Girl. La cantante Lisa Gerrard ricorda con entusiasmo il loro primo incontro. Queste le sue parole: “Il primo brano che improvvisammo si chiamava ‘Frontier’ (ascolta). Quel giorno successe qualcosa di magico. Capimmo che tutto quanto avevamo fatto prima, da soli, non era assolutamente paragonabile. Si sbloccò qualcosa che nessuno di noi avrebbe immaginato; dovevamo ripetere quell’esperienza, per questo cominciammo a scrivere insieme”. deadcandance_1_1342176170Dopo un primo periodo di prove, i due decidono di trasferirsi a Londra, la patria per eccellenza del dark, città sicuramente più congeniale alla loro musica tenebrosa. A Londra i due ragazzi si distingueranno subito dalle altre band del dark (Bahuaus, Joy Division, Siouxsie and the banshess) mostrando un particolare interesse verso il folk e la musica mistica. Il loro sound subito si caratterizza da atmosfere lugubri e spettrali, arrangiamenti eleganti e un canto etereo e luminoso. Lo storico di musica australiana Ian McFarlane ha descritto la musica dei Dead Can Dance come “paesaggi sonori di incommensurabile grandezza e solenne bellezza”. A Londra c’è finalmente la svolta e la band firma un contratto discografico grazie al quale dà alla luce il suo primo disco: “Dead Can Dance”, datato 1984. La stampa britannica li accosta subito ai Cocteau Twins per le divagazioni eteree e sognanti del cantato. Ma ciò non è propriamente esatto. La musica dei primi Dead Can Dance discende soprattutto dal  punk dark di Siouxsie e Joy Division. Alle atmosfere da rituale occulto, però, i Dead Can Dance prediligono un senso di angosciata spiritualità, che si sviluppava attraverso salmi religiosi, litanie ed echi d’oltretomba. MI0001673291La svolta della carriera avviene con la pubblicazione del secondo disco, capolavoro della band e pietra miliare della musica tutta: “Spleen and Ideal”, 4AD (copertina a sinistra), datato 1986. Definire un capolavoro questo disco è, forse, riduttivo e, per comprenderne a pieno la grandezza, bisogna ascoltarlo tutto, anche più volte di seguito. Nell’album, i due ragazzi puntano su arrangiamenti sinfonici di fiati, percussioni e archi, accompagnati dai vocalizzi onirici e suggestivi di Lisa Gerrard. In ogni canzone domina un senso di misticismo quasi allucinante e i due vocalist, se pur diversi per caratteristiche tecniche e timbro di voce, raggiungono un’intesa che rasenta la perfezione. I brani iniziali possono essere considerati alla stregua di un viaggio nello spazio, quei tipici viaggi che i musicisti della psichedelia anni ‘70 improvvisano in concerto fatti di LSD. “De Prufundis” (ascolta) è fatta di cori liturgici sintetizzati, lunghissime frasi di organo e suoni di timpani sparsi qua e là. Su tutto questo si inserisce il cantato solenne della Gerrard, la cui estensione vocale permette escursioni sonore sempre più spettacolari. Poi c’è “Ascension” (ascolta), brevissima ma intensa strumentale, all’insegna di un sound angoscioso e spettrale, quasi come fosse un presagio di maledizioni e sciagure. “Circumradiant Dawn”  (ascolta) è un altro viaggio ipnotico di Lisa Gerrard: DCDoldaccompagnati da null’altro che una fisarmonica e da scarni accordi di chitarra, i suoi vocalizzi sembrano innalzarsi fino al cielo, quasi a voler prendere l’ascoltatore per mano e accompagnarlo in un viaggio tra stelle e pianeti sconosciuti. Questi tre brani segnano il prologo di un’epopea di musica arcana e spirituale, che non si concluderà in questo disco ma continuerà a evolversi nei successivi album, fino allo scioglimento della band. Il resto dell’opera è invece caratterizzato dalle ballate cantate da Brendan Perry, tra le quali spiccano “The Cardinal Sin” (ascolta) e “Enigma of the absolute” (ascolta), destinata a diventare uno dei loro capolavori assoluti. L’album “Spleen and Ideal” è il frutto del genio di due artisti poliedrici e visionari, il risultato di un lungo lavoro di documentazione, di sperimentazione e della ricerca dell’atmosfera giusta, canzone dopo canzone, in base a quel che si narra. “Spleen and Ideal” accompagna l’ascoltatore in un tempo alieno e sconosciuto, lontanissimo, arcano, oscuro, magico… Un tempo che rimarrà impresso come un marchio di fuoco nella memoria di chi lo ascolterà, apprezzandolo in tutta la sua grandezza.

Pier Luigi Tizzano