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Sustainable and Responsible Investement: la civilizzazione dell’economia

 

Quando si parla di SRI (Sustainable and Responsible Investement) ci si riferisce ad un processo di investimento che combini gli obiettivi finanziari di un investitore con l’attenzione alle questioni Environmental, Social and Governance. Ancor più precisamente, si parla della gestione di risorse finanziarie, attraverso l’acquisto e la vendita di titoli, e l’esercizio dei diritti connessi alla proprietà degli stessi. Ciò non vuol dire che responsabilità sociale e sostenibilità non possano essere applicate anche ad altre pratiche finanziarie ma, semplicemente, che l’SRI non è coincidente con il più vasto universo della Finanza Etica, di cui ne è, piuttosto, una parte. Se, da un lato, la teoria economica tradizionale ha da sempre osteggiato le pratiche SRI, ritenute non ottimali in termini di allocazione delle risorse, in quanto gli obiettivi metaeconomici colliderebbero con quelli economici (ogni vincolo imposto alla diversificazione del portafoglio va a ridurre la redditività dell’investimento), dall’altro, gli studi promossi sull’andamento del mercato SRI (per l’Europa si guardi agli studi condotti dall’Eurosif) hanno dimostrato come negli ultimi dieci anni il comparto degli investimenti sostenibili abbia mostrato tutte le sue qualità dinamiche e innovative. Non a caso, nell’European SRI Study 2014, il primo dato evidenziato è la continua crescita a doppia cifra di tutte le strategie SRI, messe in atto dai diversi operatori, ad un ritmo ben più veloce rispetto al mercato del risparmio gestito tradizionale. Volendo dare una spiegazione al trend dello scorso decennio, bisogna necessariamente interrogarsi su dove stia andando il capitalismo conosciuto. La chiave di lettura, come suggerito da S. Zamagna (Creare valore a lungo termine, 2013), è da ricercare nel nuovo modello di economia di mercato, noto come “capitalismo condiviso” (shared capitalism), che si sta affermando, da anni, in occidente. D. Kruse et Alii (Shared capitalism, 2012) definiscono tale modello come un sistema di incentivi organizzativi, che mira ad allineare gli interessi dei dipendenti e quelli dei proprietari, attraverso la condivisione del residuo e della partecipazione dei dipendenti ai processi decisionali, nonché, più in generale, ad allineare tra loro gli obiettivi degli shareholders e degli stakeholders. Le evidenze empiriche hanno dimostrato che, quando applicato, se pure parzialmente, questo modello accresce significativamente il valore degli indicatori di performance aziendale. In un mondo che sta andando in questa direzione, è evidente che per la creazione di valore e, quindi, di ricchezza durevole nel tempo, sono necessarie la collaborazione e la convergenza di interessi fra imprese, amministrazioni pubbliche e società civile organizzata. In altre parole, non è più immaginabile una contrapposizione fra valore economico e valore sociale delle azioni, posta in essere dai diversi attori che operano sul mercato. E’ questo il significato ultimo dell’SRI: spostare l’interesse dal massimo profitto di breve periodo al massimo valore realizzabile e sostenibile in un’ottica di lungo periodo, giocando, così, un ruolo strategico nel graduale processo di civilizzazione dell’economia.

Giuseppe De Simone