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Cocteau Twins

 

La voce dei sogni. È probabilmente questa la definizione più adatta per la voce di Elizabeth Fraser, leader indiscussa dei Cocteau Twins, band scozzese che stupisce ed emoziona all’insegna di un dream pop genuino e maledettamente romantico, di cui sono stati i pionieri. zap_cocteauLa loro musica è uno strano flusso sonoro, fatto di echi, dissonanze, richiami psichedelici, riverberi, che si lascia amare e ascoltare facilmente, salendo in alto libero e maestoso, raggiungendo traguardi sconosciuti a tanti altri musicisti. Pochissime band sono riuscite a creare una formula musicale personale e svincolata da ogni tempo. Partiti da suoni cupi e depressi, sulla scia del dark punk britannico, i Cocteau Twins hanno presto sviluppato un sound personalissimo, approdando a un pop etereo, visionario e onirico. A un primo e superficiale ascolto, le loro possono sembrare, a tutti gli effetti, canzoni regolari, orecchiabili e melodiche. Ma, in realtà, la loro musica è quanto di più sperimentale sia stato concepito negli anni ‘80, specialmente per quel che riguarda l’aspetto vocale. Una voce cristallina, sognante, ipnotica, eretica ma, allo stesso tempo angelica, quella della Fraser. E proprio da qui, da questa straordinaria voce, che nasce la definizione di dream pop, detto anche ethereal wave. CocteauTwins1990La storia dei Cocteau Twins ha inizio in Scozia, sul finire dei ‘70, quando due ragazzi, Robin Guthrie (chitarra, tastiere e drum machine) e Will Heggie (basso), sognano di metter su una band con una voce femminile. Di lì a poco, l’incontro fatale, in una discoteca, con la giovane Elizabeth Fraser. Dopo una chiacchierata, i tre decidono di fare una prova insieme e, nonostante la Fraser non abbia mai avuto esperienze in band, le sue straordinarie doti vocali sono evidenti dal primo momento. I tre ragazzi hanno anche gusti musicali affini: adoratori dei Sex Pistols, ma anche del post punk firmato Siouxsie, Bauhaus e Joy Division. La Fraser, in particolare, è una grande fan di Siuoxsie, la regina della notte, da cui eredita alcune interpretazioni vocali da posseduta. La carriera discografica dei Cocteau Twins prende subito il volo grazie all’invio di una demotape all’etichetta indipendente 4AD. La band viene contattata e invitata a comporre altre canzoni per l’album d’esordio. E così, nel 1980, nasce “Garlands“, primo lavoro in studio. L’opera, seppure ancora un po’ immatura e chiaramente influenzata dal dark punk che stava dominando le scene musicali dell’epoca, mette subito in chiaro le cose e fa capire al pubblico di che pasta siano fatti i tre ragazzi. Il sound è distorto e ossessivo, il clima cupo e alienante, la voce della Fraser anarchica e libera, spettrale. A differenza della psichedelica, che cerca paradisi artificiali, i Cocteau Twins scavano nell’inconscio, inseguendo le emozioni più nascoste dell’animo umano.cocteau_twins-treasure Col secondo disco, “Head Over Heels“, datato 1983, i Cocteau Twins affinano la loro formula, raggiungendo un perfetto equilibrio tra le radici dark e il dream pop dei futuri lavori. Ma è nel 1984, con la pubblicazione di “Treasure“, 4AD (copertina a sinistra), che la band arriva al successo e alla maturità artistica, divenendo, assieme ai Dead Can Dance, la punta di diamante dell’etichetta 4AD. “Treasure” è un lavoro dalla sconfinata eleganza, ma tremendamente complesso, in cui la Fraser punta alto e gioca a fare la vocalist d’avanguardia, tirando fuori dal cilindro magico un repertorio da vera fuoriclasse. I due musicisti la assecondano, realizzando per lei delle trame di una bellezza più unica che rara, costituite da arrangiamenti barocchi e alieni, gioiosi e surreali. Dietro questo disco c’è sicuramente una ricerca sonora e sperimentale, ma anche una sorta di irrefrenabile anarchia. “Libertà totale”, questa la parola d’ordine che si sono dati i Cocteau Twins prima di entrare in studio e concepire il loro capolavoro. In quest’album non esistono testi, perché sono sostituiti da suoni e vocalizzi inventati al momento dalla Fraser, che usa la sua voce a mo’ di strumento musicale, sentendosi libera di improvvisare quel che le passa per la mente, l’emozione del momento. In questo modo, ogni brano si evolve completamente libero e in autentici spettacoli di suoni, CocteauTwins11come “Lorerei” (ascolta), forse il momento più alto del disco, una filastrocca gioiosa e infantile, una sorta di danza visionaria in cui la cantante la fa da padrona, innalzando le sue doti vocali a livelli quasi inimmaginabili. Poi c’è “Amelia” (ascolta), dalle atmosfere soffuse e quasi inquietanti, e “Aloysius” (ascolta), un pezzo molto intimo, dolce e sognante. Non mancano momenti chiaramente rock, in pezzi come “Ivo” (ascolta) o “Persephone” (ascolta), in cui riemergono le sonorità dark dei primi tempi. Da segnalare anche la tenebrosa “Cicely” (ascolta) e “Beatrix” (ascolta), la più sperimentale del disco. “Treasure” è, in definitiva, un prezioso gioiello, un’opera dal valore immenso, raffinata ed elegante, surreale e visionaria.Treasure” è pura magia, è introspezione, genuinità, semplicità. Un disco costruito sulle emozioni e su impalpabili evocazioni. Un disco senza tempo e dall’inestimabile bellezza. Da perdere la testa.

Pier Luigi Tizzano

 

 

My Bloody Valentine

 

Partiti come band dark punk, i My Bloody Valentine sono arrivati a una singolarissima fusione tra rock psichedelico e atmosfere sognanti, passando alla storia come uno dei più importanti gruppi dei primi anni ‘90 e come gli inventori del genere shoegaze. La loro musica è un macigno di suoni caotici e muri di distorsioni sovrapposte, che non concedono tregua all’ascoltatore, trascinandolo in un viaggio che è insieme infernale e celestiale. mybloodyvalentine_1_1356628573La band nasce a Dublino nel 1983 e, dopo anni di sperimentazioni, concerti in locali semisconosciuti e cambi di formazione, la maestosa creatura My Bloody Valentine riesce a sfondare ed entrare di diritto nella storia del rock. Peccato, però, che la sua parabola duri solo due, seppure straordinari, album: Isn’t anything e Loveless, rispettivamente datati 1988 e 1991. In questi due dischi vi è racchiusa tutta l’enorme portata innovativa della loro arte. Un sound unico e inimitabile, costituito da un imponente muro sonoro, che marca una musica caotica ma delicata al tempo stesso, dura ma sognante, disordinata ma, in fondo, ordinata, ricca di inestricabili grumi sonori, con le chitarre sovraccaricate di feedback ed effetti stranianti e stordenti, con le voci e le melodie appena abbozzate, bisbigliate e sommerse da un mare di rumore. È stata la stampa inglese a inventare il termine shoegazers (letteralmente i fissa scarpe, e, di qui, il genere shoegaze) per l’insolita attitudine dei ragazzi di starsene a capo chino sui loro strumenti durante i concerti. La spiegazione più plausibile di questo strano fenomeno potrebbe trovarsi nel fatto che gli shoegazers (tra i quali rientrano anche altre band importanti come gli Slowdive o i Pale Saints) vivono in un tutt’uno con la loro musica, una sorta di amore spirituale coi propri strumenti. 1362117626_tumblr_le7eiz0dL01qdh7boI due dischi sono capolavori del rock, ma forse quello che brilla un pochino in più per genio, è il secondo, Loveless, Creation Records (copertina a destra). L’album parte con Only shallow  (ascolta), fatta di strati su strati di chitarre rumorose e tremolanti sui quali la voce angelica della cantante Bilinda Butcher canta melodia sommesse e distanti. Con Only shallow è subito chiaro lo scopo della band: creare vortici di suoni distorti e rumorosi, amalgamati perfettamente tra di loro e volti a formare un tutt’uno che fluttui per minuti e minuti. Per i My Bloody Valentine è molto più importante la ricerca del sound che il ritornello. Poi, c’è Loomer  (ascolta), una canzone dura e aggressiva, un micidiale hardcore addolcito come sempre dalla voce angelica, etera e paradisiaca della Butcher. Il capolavoro è To Here Knows When  (ascolta), la cui melodia è dolcissima e lontana, sepolta da tonnellate di rumore. La distorsione delle chitarre è estrema e accoppiata ad un quartetto d’archi “artificiale”. Ne viene fuori un’overdose di suoni distruttivi. Ma tutto si fonde alla perfezione, come in un puzzle, a dimostrazione del genio dei musicisti capaci di unire ciò che sembra essere diviso e contrapposto. I brani centrali del disco suonano più regolari, somigliando a delle classiche rock song, le quali, però, vengono ogni tanto stravolte da bizzarri motivetti elettronici. My+Bloody+Valentine+ImageAltro capolavoro da menzionare è Come in alone (ascolta), nella quale sembrano aleggiare le mitiche atmosfere della psichedelica anni ‘70. Poco dopo l’uscita del disco, i My Bloody Valentine sparirono dalla circolazione per riunirsi solo nel 2013, con la pubblicazione di MBV. La loro è stata una rivoluzione incompiuta, spazzata via nel giro di qualche anno dal britpop di band come gli Oasis, che banalizzeranno e renderanno quasi inesistente quel magico connubio tra rumore e dolci melodie. Loveless rimarrà il manifesto dei My Blood Valentine e di un modo tutto particolare di fare musica: un disco meraviglioso, astratto, etero. Un sogno nel sogno.

Pier Luigi Tizzano