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The Kills

 

 

La parabola artistica dei Kills è certamente tra le più singolari degli ultimi anni. Per gli amanti del rock puro, quello allo stato brado, senza se e senza ma, i Kills hanno rappresentato una vera e propria boccata d’ossigeno all’inizio del nuovo millennio. Ascoltandoli si ha l’impressione di una band senza tempo, figlia di nessun genere musicale, ma non per indexquesto priva di personalità e di sound originale. Il loro è un rock essenziale, nel suo sound volutamente scarno, senza astrusi ritocchi decorativi e virtuosismi strumentali. Ciò che principalmente cattura è il ritmo incalzante dei loro brani e quella rabbia sempre presente sullo sfondo. Le loro canzoni sono tutte di facili ascolto, pur non seguendo la definizione comunemente nota di “pezzi orecchiabili”. La storia dei Kills si potrebbe definire figlia del caso. Alison VV Mosshart iniziò la carriera di cantante e chitarrista in una punk band nella sua città natale, in Florida. Non ancora maggiorenne, la talentuosa ragazza partì per un tour europeo con la sua band. Fu proprio durante quel tour, mentre era in un appartamento di Londra, che udì della musica provenire dalla stanza accanto. Così avvenne il primo incontro con Jamie Hinche, il quale era, a sua volta, membro di spicco di una rock-band locale. Secondo la leggenda, Alison avrebbe avuto un colpo di fulmine così intenso per la musica di Jamie, da avviare una corrispondenza intercontinentale, finalizzata allo scambio di registrazioni musicali. Inizialmente, i due si mantennero in contatto solo a distanza. Poi, Alison lasciò la sua band e prese un volo per l’Inghilterra, allo scopo di collaborare di persona con Jamie e incidere un disco. Il duo vide la luce nel 2000, con le prime esibizioni in alcuni locali londinesi. Coi nomi d’arte di VV e Hotel, i futuri Kills, grazie al loro sound volutamente scarno ma, al contempo, The-Kills-the-kills-20193618-601-389trascinante, contraddistinto dalle straordinarie capacità vocali di lei e compositive di lui, conquistarono subito una buona parte di pubblico londinese. Passò poco tempo e la stampa inglese iniziò a interessarsi dei due ragazzi. In un articolo, furono addirittura paragonati ai primi Velvet Underground. Paragone probabilmente un po’ azzardato, ma giusto o errato che fosse, contribuì al loro successo. Nel 2002, la band pubblicò il primo EP, intitolato “Black Rooster“, Domino Records. Nel 2003, finalmente, il primo disco: “Keep On Your Mean Side“, Domino Records. E’ un album dal sound estremamente semplice, nel quale si possono ritrovare certe attitudini punk, evidentissime radici blues e strizzatine d’occhio all’elettronica minimale. Il successo non fu enorme, ma il disco ottenne svariate recensioni positive da parte della stampa e fu distribuitokills-midnight-boom anche negli Usa. Bisognerà attendere il 2005, con la pubblicazione di “No wow“, Domino Records (copertina a destra), per il successo planetario. “No wow” è un disco dall’atmosfera piuttosto cupa, spesso claustrofobica. La musica sembra essere perennemente trattenuta, sempre in procinto di esplodere ma mai in grado di farlo. La maturità artistica arriverà solo nel 2008, con la pubblicazione di “Midnight boom“, Domino Records, che è sicuramente il disco meglio riuscito della loro carriera. L’album apre in gran stile col singolo “U.R.A. Fever” (ascolta), in cui le voci dei due talentuosi musicisti si mescolano in un crescendo martellante ma per certi aspetti sensuale. La seconda traccia, “Cheep and cheerfull“(ascolta), è sfegatatamente dance, una filastrocca semplice e immediata, come nel prosieguo saranno anche “Hook and line” (ascolta) e “Alphabet pony” (ascolta). Ma il momento più alto del The_Kills_Heaven_March_2011disco, lo si raggiunge con “Last day of magic” (ascolta), una canzone dal sound gradevolissimo e accattivante, con la voce di Alison (e quella di Jamie che si presta sullo sfondo in un riuscitissimo inserto) che lascia di stucco, così suadente ma aggressiva al tempo stesso. In conclusione, “Midnight boom” non è di certo un capolavoro e di certo non passerà alla storia per aver creato generazioni di proseliti o inventato un nuovo sound, ma è un disco da ascoltare, un disco che ha comunque il grande merito di risultare godibile, trascinabile e mai stucchevole. Un disco che, nella sua semplicità, non scade mai nella banalità, da ascoltare per rilassarsi e trascorrere mezz’ora lontani dai troppi pensieri della quotidianità.

Pier Luigi Tizzano