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Le donne nel Risorgimento (Seconda parte)

 

 

Continua, con questa seconda parte (leggi la prima parte), la brevissima trattazione sul ruolo delle donne nel Risorgimento. A questo punto, dunque, è bene volgere un rapido sguardo sulle esistenze di alcune di esse, anche per riparare, in piccolissima parte, al torto commesso sia dai loro contemporanei, sia dagli storici, che le hanno confinate nel limbo della storia.

Cristina Trivulzio di Belgiojoso: milanese, ebbe una travagliata vita familiare e comportamenti, per il tempo, ritenuti scandalosi (sposata, lasciò il marito ed ebbe una figlia da un nuovodownload compagno). Fuggita in Francia dopo il 1831, divenne giornalista. Tornata in Italia nel 1840 si stabilì a Trivulzio. Colpita dalle condizioni di miseria dei contadini, si dedicò ai problemi sociali. Seguendo le teorie utopistiche di Henri de Saint Simon e Charles Fourier, aprì asili e scuole per figli e figlie del popolo. Nel 1848-’49 fu ancora in prima linea: raggiunse Milano guidando la Divisione Belgioioso, 200 volontari da lei reclutati e trasportati in piroscafo da Roma a Genova e, da lì, a Milano. A Roma, nei mesi della Repubblica Romana, guidata da Giuseppe Mazzini, lavorò giorno e notte negli ospedali durante l’assedio della città, creando le infermiere laiche e chiamando a questo compito nobili, borghesi e prostitute. Alla caduta della Repubblica (luglio 1849), dopo essersi battuta per salvare feriti e prigionieri, fuggì prima a Malta, poi, ad Atene e, infine, a Costantinopoli. Alla sua morte, nessuno dei politici d’Italia partecipò ai suoi funerali.
Anna Grassetti Zanardi: bolognese, fu moglie di uno degli organizzatori del tentativo download (1)insurrezionale mazziniano di Savigno. Anch’essa ardente mazziniana, fu infermiera nel corso della campagna del 1848 e a Roma, nel 1849. Durante la successiva restaurazione pontificia, per incarico di Mazzini, si occupò di creare comitati in città e anche in altri centri vicini. Sorvegliata e più volte perquisita, fu arrestata nel 1851 e trasferita nel carcere di Ferrara. Le cronache cittadine di fine Ottocento la segnalavano, ormai vedova, sempre in testa al gruppo dei reduci garibaldini, durante i cortei patriottici, con in dosso la camicia rossa garibaldina e il petto coperto da numerose medaglie.
Giuditta Tavani Arquati: romana, incinta del quarto figlio, si trovava in Trastevere, nel lanificio Aiani, insieme con il marito, il figlio dodicenne e molti altri cospiratori, che preparavano la rivolta, in attesa dell’arrivo di Garibaldi da Monterotondo. L’entrata degli zuavi pontifici scatenò un aspro combattimento e, nonostante una strenua resistenza, i congiurati vennero sopraffatti e Giuditta, che aveva spronato, aiutato e soccorso i rivoltosi, venne massacrata dopo aver visto uccidere il marito e il figlio.
Sara Levi Nathan: pesarese, si profuse nell’impegno politico e per nelle iniziative sociali: fu una download (2)fervente patriota, grande amica di Mazzini, che morì a Pisa, nel 1872, proprio a casa di sua figlia Janet. Fu sorvegliata dalla polizia e accusata di cospirazione. Riuscì a fuggire, prima di essere arrestata, e riparò a Lugano. Tornata a Roma, dette vita a numerose iniziative educative, filantropiche e sociali. Fondò, nel quartiere di Trastevere, una scuola intitolata a Mazzini, destinata alle ragazze, e aprì una casa per prostitute, l’Unione benefica, con l’intento di prevenire la prostituzione, offrendo a ragazze indigenti o in difficoltà, alloggio, mezzi e possibilità di lavoro.
Giorgina Craufurd Saffi: di famiglia inglese, si innamorò dell’Italia, anche grazie al favore che la sua famiglia esprimeva per la causa italiana. Sposò Aurelio Saffi, esule italiano a Londra, già triumviro della Repubblica Romana nel 1849. Dalle idee mazziniane trasse il profondo interesse per l’educazione delle donne e dei giovani, cui andava inculcato il rispetto dei diritti e dei doveri dell’uomo, e l’idea che solo attraverso l’emancipazione e la partecipazione alla vita civile e civica si sarebbe potuto essere cittadini e non sudditi, partecipando, così, all’emancipazione della Patria e del Popolo. Giorgina scelse di occuparsi, in primo luogo, dell’educazione di tutte le donne, prime e fondamentali educatrici dei propri figli, cosa che la porterà ad appoggiare i movimenti emancipazionisti che, in quella seconda metà dell‘800, faticosamente stavano facendosi strada.
Adelaide Cairoli: milanese, a 18 anni sposò Carlo Cairoli, professore di chirurgia di Pavia, di sentimenti patriottici. Donna di vasta cultura, curò lei stessa l’educazione dei figli, indirizzandoli all’amore per la società e per la patria. Finanziò giornali patriottici, ospitò un salotto politico-letterario, mantenne una corrispondenza con gli intellettuali del periodo. Così scrisse, lei stessa, una volta: “Prima ancora dunque che alla causa femminile, io mi ero votata a quella della mia patria e il mio amore per la prima nacque dal mio amore per la seconda”.
Anita Ribeiro Garibaldi: fu la moglie di Giuseppe Garibaldi, nonché compagna di tutte le sue battaglie. Nel 1840, fu catturata nella battaglia di Curitibanos, ma riuscì a sfuggire alla prigionia. Nel 1849 era a Roma, per la proclamazione della Repubblica Romana, dove combatté a fianco dei garibaldini, i quali, però, dopo una lunga resistenza contro gli eserciti francese e austriaco, che invasero la città, dovettero ritirarsi dopo la battaglia del Gianicolo. Durante quella fuga le condizioni di Anita, al quinto mese di gravidanza, peggiorarono, e fu proprio in quell’occasione che, a 28 anni, la donna-guerriero spirò.

 

Garbaldi_e_Anita

 

 

The Kills

 

 

La parabola artistica dei Kills è certamente tra le più singolari degli ultimi anni. Per gli amanti del rock puro, quello allo stato brado, senza se e senza ma, i Kills hanno rappresentato una vera e propria boccata d’ossigeno all’inizio del nuovo millennio. Ascoltandoli si ha l’impressione di una band senza tempo, figlia di nessun genere musicale, ma non per indexquesto priva di personalità e di sound originale. Il loro è un rock essenziale, nel suo sound volutamente scarno, senza astrusi ritocchi decorativi e virtuosismi strumentali. Ciò che principalmente cattura è il ritmo incalzante dei loro brani e quella rabbia sempre presente sullo sfondo. Le loro canzoni sono tutte di facili ascolto, pur non seguendo la definizione comunemente nota di “pezzi orecchiabili”. La storia dei Kills si potrebbe definire figlia del caso. Alison VV Mosshart iniziò la carriera di cantante e chitarrista in una punk band nella sua città natale, in Florida. Non ancora maggiorenne, la talentuosa ragazza partì per un tour europeo con la sua band. Fu proprio durante quel tour, mentre era in un appartamento di Londra, che udì della musica provenire dalla stanza accanto. Così avvenne il primo incontro con Jamie Hinche, il quale era, a sua volta, membro di spicco di una rock-band locale. Secondo la leggenda, Alison avrebbe avuto un colpo di fulmine così intenso per la musica di Jamie, da avviare una corrispondenza intercontinentale, finalizzata allo scambio di registrazioni musicali. Inizialmente, i due si mantennero in contatto solo a distanza. Poi, Alison lasciò la sua band e prese un volo per l’Inghilterra, allo scopo di collaborare di persona con Jamie e incidere un disco. Il duo vide la luce nel 2000, con le prime esibizioni in alcuni locali londinesi. Coi nomi d’arte di VV e Hotel, i futuri Kills, grazie al loro sound volutamente scarno ma, al contempo, The-Kills-the-kills-20193618-601-389trascinante, contraddistinto dalle straordinarie capacità vocali di lei e compositive di lui, conquistarono subito una buona parte di pubblico londinese. Passò poco tempo e la stampa inglese iniziò a interessarsi dei due ragazzi. In un articolo, furono addirittura paragonati ai primi Velvet Underground. Paragone probabilmente un po’ azzardato, ma giusto o errato che fosse, contribuì al loro successo. Nel 2002, la band pubblicò il primo EP, intitolato “Black Rooster“, Domino Records. Nel 2003, finalmente, il primo disco: “Keep On Your Mean Side“, Domino Records. E’ un album dal sound estremamente semplice, nel quale si possono ritrovare certe attitudini punk, evidentissime radici blues e strizzatine d’occhio all’elettronica minimale. Il successo non fu enorme, ma il disco ottenne svariate recensioni positive da parte della stampa e fu distribuitokills-midnight-boom anche negli Usa. Bisognerà attendere il 2005, con la pubblicazione di “No wow“, Domino Records (copertina a destra), per il successo planetario. “No wow” è un disco dall’atmosfera piuttosto cupa, spesso claustrofobica. La musica sembra essere perennemente trattenuta, sempre in procinto di esplodere ma mai in grado di farlo. La maturità artistica arriverà solo nel 2008, con la pubblicazione di “Midnight boom“, Domino Records, che è sicuramente il disco meglio riuscito della loro carriera. L’album apre in gran stile col singolo “U.R.A. Fever” (ascolta), in cui le voci dei due talentuosi musicisti si mescolano in un crescendo martellante ma per certi aspetti sensuale. La seconda traccia, “Cheep and cheerfull“(ascolta), è sfegatatamente dance, una filastrocca semplice e immediata, come nel prosieguo saranno anche “Hook and line” (ascolta) e “Alphabet pony” (ascolta). Ma il momento più alto del The_Kills_Heaven_March_2011disco, lo si raggiunge con “Last day of magic” (ascolta), una canzone dal sound gradevolissimo e accattivante, con la voce di Alison (e quella di Jamie che si presta sullo sfondo in un riuscitissimo inserto) che lascia di stucco, così suadente ma aggressiva al tempo stesso. In conclusione, “Midnight boom” non è di certo un capolavoro e di certo non passerà alla storia per aver creato generazioni di proseliti o inventato un nuovo sound, ma è un disco da ascoltare, un disco che ha comunque il grande merito di risultare godibile, trascinabile e mai stucchevole. Un disco che, nella sua semplicità, non scade mai nella banalità, da ascoltare per rilassarsi e trascorrere mezz’ora lontani dai troppi pensieri della quotidianità.

Pier Luigi Tizzano

 

 

 

Ecosostenibilità e sviluppo economico per le città dei Paesi del G8

 

Ecosostenibilità come fattore di sviluppo per le città. È uno dei risultati del City RepTrak Study 2015, un’indagine basata su 22mila interviste ad abitanti dei Paesi del G8. In base all’analisi, una città, per essere veramente smart, non deve limitarsi all’offerta di servizi interattivi, alla diffusione della banda larga, etc., ma deve dimostrare anche di attuare politiche ambientali all’avanguardia, tese al rispetto della bellezza dei luoghi e della natura.Effective Government “L’attuazione di politiche sostenibili è uno dei 13 fattori che influenzano la reputazione delle città ed è il quinto per importanza, più rilevante della stabilità economica o delle infrastrutture: ciò significa che i cittadini del mondo attribuiscono parecchio valore al tema sostenibilità”, spiega Michele Tesoro-Tess, managing director di Reputation Institute Italy & Middle East. Per apprezzare al meglio il vantaggio competitivo creato da efficaci politiche urban green, può essere sufficiente guardare all’impatto che queste hanno su alcuni parametri del PIL. “Dallo studio 2015 risulta che un aumento di 5 punti in sustainability performance da parte di una città, corrisponde a una propensione dei cittadini mondiali a michele-tesoroincrementare, in quel luogo, gli investimenti (del 3,9%), i viaggi (del 5,6%), lo shopping (del 4,7%)”, sostiene Tesoro-Tess (foto a sinistra). Pertanto, la scelta della meta di una vacanza, la decisione su dove stabilire un’azienda o, ancora, ad esempio, la programmazione del trasferimento da parte di un talento, sono fortemente legate alla sostenibilità/reputazione della città. Se si prende, ad esempio, Stoccolma, la città leader tra le 100 al mondo, esaminate sotto il profilo della reputazione green, questa può vantare il 43% degli intervistati nel mondo, che investirebbe nella città, il 65% che la visiterebbe in vacanza e il 49% che andrebbe a viverci. Guardando, invece, in casa nostra, a Milano – al 37esimo posto della classifica insieme con Roma -, le stesse percentuali ammontano al 31%, al 59% e al 34%. Si può e si deve far di più per migliorare sia le politiche green, sia la percezione delle stesse. Sfogliando la Top 50 delle città giudicate in base alla sostenibilità percepita, nel 2015, come già detto, è balzata al comando Stoccolma, scalzando Monaco di Baviera, davanti alle australiane Melbourne e Sydney, che storicamente hanno sempre avuto performance eccellenti. Al settimo posto, Londra. Una menzione speciale la merita Vancouver (18esima). Questa sta diventando, negli ultimi anni, la star internazionale della sostenibilità. Dal 2011 sta trasformando in realtà l’ambizioso Greenest city 2020 action plan, avvicinandosi sempre più all’obiettivo di diventare, entro il 2020, la città più ecologica al mondo. Dieci gli obiettivi da raggiungere in diversi ambiti: green economy, leadership sui cambiamenti climatici, green building, trasporti sostenibili, zero waste, accesso a spazi verdi, impronta ecologica più leggera, acqua e aria pulita, prevalenza di alimenti a km 0. Vancouver ha già realizzato più dell’80% delle azioni prioritarie, fissate nel 2011 per raggiungere i 10 obiettivi, vincendo 9 premi negli ultimi due anni per la vivibilità e la sostenibilità. Ritornando alla classifica del Reputation Institute, tra i continenti svetta l’Europa: 7 città tra le top 10 sono, infatti, nel Vecchio continente: Stoccolma, Ginevra, Copenhagen, Berlino, Londra, Zurigo e Oslo. Delude, ma non mi sorprende, la posizione delle italiane; come già detto, Roma e Milano si fermano al 37esimo posto, Firenze al 48esimo, nemmeno pervenuta Venezia. Cosa fare dunque per accrescere la reputazione green delle città? Bisogna, innanzitutto, partire da un piano condiviso e articolato di politiche efficaci, a difesa dell’ambiente e della vivibilità, senza “imbarazzarsi” di attingere dalle best practice internazionali.url-2 Dopodiché, è necessario metterlo in pratica, con coerenza, evitando che resti “carta morta” (cosa che, troppo spesso, avviene nella nostra bella Italia), accollandosi anche investimenti (non costi) extra. E, infine, comunicare i miglioramenti raggiunti con una forte azione di merketing internazionale. “Troppe volte abbiamo visto città, Paesi e anche aziende realizzare cose eccellenti nell’ambito della sostenibilità, senza poi renderle note al mondo: così i risultati si affievoliscono e l’entusiasmo si smorza; solo facendo sistema, tra pubblico e privato, tra Governi e cittadini, la sostenibilità può diventare una leva di extra-Pil», conclude Tesoro-Tess. Tutto facile a dirsi e, forse, anche a farsi, come dimostra il caso Vancouver, se solo, però, ci fosse il forte impegno del Governo centrale, oltre a quello, non troppo scontato, di cittadini e imprese.

Giuseppe De Simone