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L’arma della parola

Voltaire e la costruzione della libertà moderna

 

 

 

 

La filosofia politica di Voltaire, al secolo François-Marie Arouet (1694-1778), costituisce uno dei pilastri fondamentali dell’Illuminismo europeo. Benché non abbia mai elaborato una dottrina politica sistematica come altri pensatori del suo tempo (Rousseau, Montesquieu, Locke), Voltaire ha esercitato un’influenza decisiva nel plasmare l’ideale moderno di società liberale, pluralista e razionale. La sua opera è un potente arsenale polemico contro il dogmatismo religioso, l’arbitrarietà del potere assoluto, l’intolleranza e l’ignoranza. Voltaire è stato, più di ogni altro, la voce della libertà di pensiero, il difensore della tolleranza religiosa e il simbolo della resistenza dell’intelligenza contro l’oppressione.
Al centro del pensiero volterriano c’è la libertà come condizione essenziale dell’esistenza umana. Non si tratta solo di una libertà negativa – libertà da coercizioni – ma di una libertà costruttiva: la libertà di pensare, di criticare, di scrivere, di dubitare. In un’epoca in cui la censura era pratica comune e la parola poteva costare la vita, Voltaire ne fece la sua bandiera. Non a caso, fu costretto a emigrare in Inghilterra e fu più volte incarcerato, anche nella Bastiglia, a causa dei suoi scritti satirici e polemici.
Il modello inglese, che conobbe direttamente tra il 1726 e il 1728, condizionò profondamente la sua visione politica. In Inghilterra vide in azione una monarchia costituzionale, un sistema parlamentare, una stampa relativamente libera e una tolleranza religiosa che, pur con limiti, superava di gran lunga l’intolleranza cattolica francese. Il suo Lettere filosofiche (1733) – pubblicato clandestinamente in Francia – è una celebrazione della libertà britannica e una critica implicita e feroce dell’Ancien Régime.
Voltaire sosteneva che senza libertà di espressione, la verità rimane impotente e l’errore regna indisturbato. La conoscenza si sviluppa solo attraverso il confronto di idee, la disputa, l’esperimento intellettuale. L’intolleranza nasce dove manca la libertà: da qui il suo attacco costante a ogni forma di dogmatismo e autoritarismo.


Considerava la religione uno dei principali strumenti di oppressione e oscurantismo. Tuttavia, va chiarito: non fu un ateo, ma un deista, convinto dell’esistenza di un Dio razionale, creatore del mondo ma indifferente alle vicende umane. Per questo attaccò con veemenza le religioni rivelate e, in particolare, il cristianesimo nella sua versione cattolica, accusandolo di avere alimentato secoli di violenza, persecuzioni, superstizioni e intolleranza.
Il Trattato sulla tolleranza (1763), scritto in seguito al caso Jean Calas – un protestante condannato a morte ingiustamente da un tribunale cattolico – è una delle opere più significative del suo pensiero politico. In essa, l’autore denuncia l’uso della religione per giustificare la violenza e invoca una giustizia universale fondata sulla ragione, sull’umanità e sul rispetto reciproco. Il suo appello alla tolleranza non è un gesto di debolezza: è la convinzione che il pluralismo religioso sia la sola garanzia di pace civile.
Voltaire era consapevole che nessuno Stato potesse essere veramente libero se restava soggetto alla sfera d’influenza delle istituzioni religiose. La laicità, per lui, era un principio di igiene politica e mentale: la separazione tra fede e potere era indispensabile per proteggere i cittadini da ogni forma di tirannia spirituale.
Voltaire non fu un teorico della democrazia moderna. Non credeva nel suffragio universale, che considerava pericoloso nelle mani di una popolazione ignorante e superstiziosa. La sua visione politica era elitista: riteneva che solo una ristretta classe colta potesse guidare il progresso. Tuttavia, era uno strenuo oppositore dell’assolutismo monarchico e della nobiltà parassitaria.
La sua proposta politica si avvicina al concetto di dispotismo illuminato: un sistema in cui il sovrano, formato dalla ragione e dalla scienza, agisce per il bene comune, promuove l’educazione, garantisce i diritti e reprime l’ignoranza e il fanatismo. Sebbene questo modello fosse idealizzato, Voltaire lo riteneva più realistico della democrazia in un contesto ancora arretrato culturalmente.
Intrattenne una lunga e complessa relazione intellettuale con Federico II di Prussia, simbolo del monarca filosofo. Tuttavia, anche in questi casi, mantenne una certa ambivalenza: quando il potere mostrava il suo volto autoritario, anche se colto, Voltaire non esitava a criticarlo. La sua vera fedeltà era alla libertà, non ai sovrani.
Un altro pilastro del pensiero volterriano è la riforma della giustizia. Denunciò l’uso della tortura, l’arbitrarietà dei processi, le condanne senza prove e, soprattutto, il ruolo della religione nei tribunali. L’ingiustizia, secondo Voltaire, non è solo un problema giuridico ma un fallimento morale e razionale. Una società che punisce l’innocente è una società in cui la civiltà si è rotta.
Per questo, in molte delle sue opere – Candide, L’Ingénu, Il Dizionario filosofico –insiste sulla necessità di una giustizia secolare, trasparente e fondata sull’evidenza. Il diritto non può dipendere dal dogma, né da interessi di casta o di confessione.
Voltaire fu un maestro della parola. Il suo stile ironico, spesso sarcastico, era un’arma affilata contro l’ottusità del potere. Con racconti filosofici come Candide o Micromega, mise a nudo le contraddizioni delle ideologie dominanti, ridicolizzò l’ottimismo cieco (come quello di Leibniz-Pangloss) e mostrò l’assurdità della guerra, della persecuzione e dell’assolutismo. Per lui, ridere era un atto politico: l’ironia rompe il dogma, la satira disinnesca l’autorità.
Voltaire non credeva nell’uguaglianza naturale, né nell’utopia sociale. Ma la sua insistenza su libertà, tolleranza, giustizia e razionalità ha posto le basi per le democrazie moderne. Il suo contributo fu quello di erodere, con costanza e intelligenza, le strutture mentali e istituzionali che giustificavano l’oppressione.
Oggi, mentre nel mondo si riaffacciano nuove forme di fanatismo, censura e autoritarismo, la lezione di Voltaire resta più che attuale. Non offre soluzioni pronte ma ricorda che la libertà è fragile e va difesa senza tregua, che la ragione è uno strumento da esercitare ogni giorno e che il pensiero critico non è solo un diritto: è un dovere civile.