Archivio mensile:Ottobre 2015

Settembre

 

Amo settembre. Così umile e onesto. Così arrendevole e complicato. Così nudo in fondo e vero. Non ti chiede altro che di scrollare le spalle. Gli alberi lo stanno già facendo, guarda là. Scrollano dai rami quelle scintille tracotanti, definitivamente inclini al sonno. Amo la tua faccia quando curva in basso e si fruga le scarpe. Quest’odore di vizzo. Di vinto. Amo la tregua, la perdita delle vecchie inutili forme. Amo quando deponi le armi e attorno a noi si spengono le torce. Quando non possiamo fare altro che tornarcene a casa, malgrado la casa ci sembri il guscio di qualcuno che non sono più io. Che non sei più tu.

Patrick Gentile

 

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La perla e il pescatore

Videopoesia 

(guarda)

 

Seppure raccogliessi tutto il silenzio
che ti è succeduto
per farne un’unica parola d’amore
che recasse il tuo nome.
Seppure avessi la possibilità
una sola possibilità ancora
di averti davanti e guardarti sorridere.
Seppure pensassi di annegare il mio cuore
nel dolore che piango
al ricordo incomparabile dei tuoi occhi.
Seppure maledicessi
quelle mani che mi carezzavano,
quelle labbra che baciavano le mie
e i raggi di luna in una notte d’inverno
e seppure permettessi alla rabbia di gridare
per provare a trovare una ragione
che sia pure vana e illusoria,
non potrò mai dimenticarti.
Non voglio!
Non voglio che il silenzio diventi parola,
che il tuo sorriso, i tuoi occhi,
le tue mani, le tue labbra,
siano solo ricordo.
Non voglio una perla.
Voglio pescare dove il mare è profondo.
Lì mi troverai
quando risalirò dall’abisso
in cui la tua assenza
mi ha fatto sprofondare. 

 

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À rebours

 

Il viaggio più importante deve condurti negli oggetti che ti hanno preceduto. In quei libri ingialliti, che sono lì da molto tempo prima di te e appartenevano a tua madre, a tuo padre. In quei vinili, in quelle cravatte. In quegli odori che promanano ancora dal fondo dei loro cassetti chiusi a chiave. Li vorresti aprire ma poi non lo fai mai. Eppure il viaggio più importante è in quei quaderni, in quelle foto scattate prima che tu nascessi. In quella cantina, dentro quelle scatole. Tu vieni da lì, da tutto ciò che è stato prima del tuo primo pianto. Da chi è stato bambino prima di arrivare a metterti al mondo. E da chi fu bambino prima di lui. Indietro e indietro e ancora indietro. Fino a qualcosa che potremmo chiamare Dio.

Patrick Gentile

 

IL-VIAGGIO

 

Ghosts

 

Liane. Oppure, meglio, vagoni. Sfrecciano sotto i nostri piedi questi lunghi convogli paralleli. E noi, proprio come il giovane Sam in “Ghost”, abbiamo imparato a infilarli cambiando così direzione all’improvviso, giorno dopo giorno, anno dopo anno, vita dopo vita. Tarzan con le sue liane. Anzi no, lo ripeto, meglio il fantasma di Sam. Che poi apprende come attraversare le superfici e spostare gli oggetti. Eccoci qui. In questa giungla di opposti passaggi, opposte corse, binari che si incrociano. La destinazione di ieri oggi è una fermata anonima in mezzo al deserto. E dunque, via, verso una nuova stazione. Timbriamo biglietti alla velocità della luce e sempre freneticamente ci ubriachiamo nella simultaneità dei ricambi continui e gorgoglianti. Perché a star fermi in un posto moriamo. Perché a star zitti moriamo. A non poter consumare moriamo. Pipistrelli. Vampiri. Zombie.

Patrick Gentile

 

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Struggle

 

Esiste uno iato, misurabile in termini di stima e motivazione affettiva, tra la semplice espressione del dissenso verso qualcuno e la scelta – in taluni casi assolutamente legittima – di separarcene. Se ci troviamo in disaccordo, dobbiamo ragionare sui benefici di una dialettica fra noi, altrimenti non capitalizzeremo né io, né te, e allora tanto vale dirsi addio. Se invece crediamo tutti e due che attraverso questo contrasto cresceremo e pensi che saremo poi migliori, va bene, può darsi tu abbia ragione. Solo, sappilo, sarà un ring.
Perché, ecco, vedi, a un certo punto bisogna saper che cosa fare dei dissapori che si generano tra noi. E chiederci infine se i risultati ripaghino della lotta che, in un senso o in un altro, al fischio dell’arbitro pur sempre avremo affrontato. 
Te la senti?

Patrick Gentile

 

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Weltanschauung

 

Molti miei contatti trovano disarmanti certe mie affermazioni, una certa mia weltanschauung, le evoluzioni stesse dei miei processi mentali. “Sei irritante”, mi dicono. Più di una persona. Rispondo. Nella mia vita – e certamente non solo nei social – ho operato una precisa scelta etica. Essere libero di esprimere le mie idee, senza bavagli, nella piena e selvaggia anarchia del mio pensare. Le parole esistono per essere pronunciate. La gente che mi imputa un’autoreferenzialità tracimante in realtà non sa né leggermi, né interpretarmi. Chi mi apprezza veramente infatti va oltre la mia persona fisica, supera i confini corporei (o incorporei) per sposare la mia riflessione esistenziale ed esistenzialista. Solo chi mi sa leggere veramente comprende che trascendo sempre il mio mero privato e parlo unicamente delle cose universali. Da sempre. Limpide o lerce che siano. Per me non c’è differenza tra un panegirico sul pompino e una proposizione sulla morte. Purché si usino le parole adatte. E non mi importa che le persone ci rimangano male. Io quando scrivo non mi preoccupo di chi resta, né di chi se ne andrà. Uno scrittore ha un compito da assolvere. Cercare la verità. A costo di perdere tutto. Altrimenti è solo Facebook, solo brusio, solo autobus, balcone, bar, pub. Altrimenti è tv. E a me invece interessa scendere nei pozzi. Nei pozzi bui dell’umanità. Piace? Non piace? E c’è forse un motivo per cui una persona che ha scelto di scrivere dovrebbe poi sopportare anche questo dilemma?

Patrick Gentile

 

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