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La nascita della tragedia dallo spirito della musica
di Friedrich Wilhelm Nietzsche

Ombra e luce tra estasi e verità

 

 

 

Nelle spire avvolgenti di La nascita della tragedia (1872), Friedrich Nietzsche intreccia un manifesto di visioni estatiche e riflessioni profonde, dove filosofia e letteratura danzano in un abbraccio inestricabile. Il testo, opera prima di un giovane Nietzsche ancora influenzato dall’ellissi di Schopenhauer e dal dramma musicale di Wagner, si configura come una meditazione ardente sulla musica, sulla tragedia greca e sulla capacità dell’arte di svelare e, allo stesso tempo, velare la crudele verità dell’esistenza.
Al centro della riflessione nietzschiana giace il contrasto eterno tra il principio apollineo e quello dionisiaco. Apollo, dio della luce, dell’ordine e della forma, rappresenta la bellezza estetica, il confine che disciplina il caos. Dioniso, al contrario, incarna l’estasi, l’irrazionale, l’ebbrezza che dissolve ogni frontiera, celebrando l’unità primordiale dell’individuo con la natura attraverso il rito del vino e del sacrificio.
Nella filosofia di Friedrich Nietzsche, esposta con particolare forza anche in quest’opera, i concetti di apollineo e dionisiaco rappresentano due forze opposte ma complementari, che definiscono l’essenza dell’arte, della cultura e dell’esistenza umana. Il filosofo utilizza questi archetipi per esplorare le dinamiche profonde dell’arte tragica, ma anche per riflettere su questioni più ampie relative alla condizione umana.
Il principio apollineo rappresenta il desiderio di ordine, armonia e bellezza. Apollo è il protettore delle arti visive e della profezia, simbolo di controllo e di misura. Nell’estetica nietzschiana questo principio si manifesta nel bisogno di struttura, nella chiarezza delle forme e nella coerenza dell’illusione. L’apollineo è associato al mondo dei sogni, dove ogni immagine è definita e ogni contorno chiaro; è un regno in cui il caos viene controllato attraverso la creazione di forme riconoscibili e la delineazione di limiti.
Nel contesto della tragedia greca, l’apollineo si riflette nella maschera del tragico, che serve a creare una distanza tra l’attore e il personaggio, permettendo agli spettatori di sperimentare la catarsi in modo sicuro, senza essere sopraffatti dall’immediatezza delle emozioni rappresentate.
In contrasto, il principio dionisiaco incarna la perdita dell’individuazione, l’ebbrezza e la fusione con la natura e con gli altri esseri umani. Dioniso è il dio del vino, dell’intossicazione e del rilascio delle inibizioni sociali. In termini nietzschiani, Dioniso rappresenta l’energia vitale irrazionale e caotica che sottende all’esistenza, il desiderio di unione mistica e di dissoluzione dei confini tra il sé e l’altro.

Nel teatro tragico, il coro dionisiaco agisce come la voce collettiva della comunità, esprimendo le verità profonde e universali per mezzo del canto e della danza. È attraverso Dioniso che il teatro diventa uno spazio di identificazione comunitaria, dove gli spettatori si confrontano con le forze primordiali della natura e della psiche umana.
Nietzsche sostiene che l’arte raggiunga il suo apice quando questi due principi sono in equilibrio. La tragedia greca, infatti, combinava l’ordine e la forma dell’apollineo con l’estasi e l’abbandono del dionisiaco. Tale fusione permetteva agli spettatori di guardare direttamente nel cuore del dolore e della sofferenza umana (un territorio dionisiaco), ma attraverso una struttura formale e distanziante (apollinea) che rendeva l’esperienza sopportabile e, infine, catartica.


Quest’interazione tra forma e frenesia, tra sogno e distruzione, non è solo centrale nell’arte ma è un’immagine potente per comprendere i conflitti interni e sociali dell’esistenza umana. Nietzsche vede in questo equilibrio una forza motrice della cultura e un necessario contrappeso alle tendenze unilaterali che possono portare sia all’anedonia che alla dissoluzione.
L’apollineo e il dionisiaco non sono solo categorie estetiche ma anche filosofiche, che offrono una lente attraverso cui Nietzsche interpreta il mondo. La loro danza eterna è un simbolo della tensione incessante tra ordine e caos, tra la razionalità dell’individuo e l’irrazionalità dell’esistenza collettiva.
In una prosa che sfiora il lirismo, Nietzsche esplora come la tragedia greca abbia saputo fondere questi due impulsi apparentemente opposti, creando un’arte capace di sopportare lo sguardo nel terrore della vita, senza tuttavia soccombere sotto il suo peso. Il coro tragico, dunque, si rivela non solo come spettatore ma come partecipe e testimone della sofferenza umana, elevando l’individuo dalla mera angheria del destino alla sublime accettazione del dolore.
Nel descrivere l’evoluzione e il declino della tragedia greca, Nietzsche lancia una critica appassionata contro il razionalismo di Socrate, che con il suo encomio della dialettica avrebbe corrotto e infine soffocato lo spirito dionisiaco della tragedia. Con Socrate inizia l’epoca della “teoreticità”, in cui il pensiero prevale sul sentire, e il principio dionisiaco è messo a tacere.
In La nascita della tragedia, Nietzsche non solo formula una teoria estetica, ma anche una visione del mondo in cui l’arte diviene un cruciale campo di battaglia tra il caos delle passioni umane e l’ordine imposto dal pensiero. Questo testo rappresenta un invito a riscoprire il potere salvifico dell’arte, capace di riconciliare l’umano con il divino, l’effimero con l’eterno, il dolore con la bellezza.
Così, attraverso questo viaggio tra le rovine e i fasti del mondo greco, Nietzsche ci invita a guardare in faccia il nostro abisso, con la speranza, forse, di trovare in quel buio una stella danzante. La sua prosa, vibrante di pathos e di una quasi musicalità, lascia un’impronta indelebile nella storia del pensiero, un canto tragico che risuona attraverso i secoli, sfidando il tempo e la dimenticanza.

 

 

 

La vera storia di “Wonderful tonight“:
Eric Clapton e Pattie Boyd

 

 

 

Patricia Anne Boyd, chiamata Pattie, aveva 35 anni quando, nel 1979, sposò Eric Clapton. qLo aveva conosciuto all’epoca in cui era stata sposata con un’altra leggenda della musica contemporanea: George Harrison, il chitarrista dei Beatles, di cui Clapton era grande amico. Per lei, George (foto a sinistra) aveva scritto quella dolcissima canzone, che Frank Sinatra definì la più bella canzone d’amore mai scritta: Something. Nonostante questo, nonostante fossero “la coppia perfetta”, giovani, belli, ricchi e famosi, quasi personaggi di un romanzo di Francis Scott Fitzgerald, il loro matrimonio finì nel 1974. Eric Clapton era innamorato di Pattie già dalla fine degli anni ’60, ma ella era già sposata. L’unica cosa che il grande chitarrista poté fare, fu confidarle il suo amore, attraverso un’altra bellissima canzone, Layla. Quando Pattie capì che era dedicata a lei, trasalì. “Sei pazzo? Io sono sposata con George!”. Gli disse. Lui, allora, tirò fuori una bustina dalla tasca e gliela mostrò: “Se non fuggi con me, io prendo questa”. “Che cos’è?”. “Eroina”. “Non fare lo stupido!”. “No, è proprio così, è finita!”.  Per tre anni Clapton scese all’inferno ma vi risalì quando Pattie, finalmente, dopo aver divorziato da Harrison, decise di vivere con lui. La sera del 7 settembre 1976, Pattie ed Eric (foto a destra) stavano per andare alla festa che Paul e Linda McCartney tenevano annualmente in onore di Buddy Holly. “Non avevo ancora deciso cosa indossare. Eric era già pronto da molto e mi aspettava pazientemente, giocherellando con la sua chitarra. Come era dolce, almeno in quei primi tempi! Quando, finalmente, io fui pronta e scesi, gli chiesi: Do I look all right? e lui, invece di rispondere suonò quello che aveva appena composto,: It’s late in the evening/ she’s wondering what clothes to wear/ She puts on her makeup/ and brushes her long blonde hair/ And then she asks me/ Do I look all right?/ And I say, yes, you look wonderful tonight(ascolta). Anche questa “magia”, tuttavia, sarebbe finita, come spesso accade alle celebrità. La “Bellissima stasera” non avrebbe infiammato più il cuore di Clapton. qPattie ed Eric divorziarono quando le avventure amorose di Slowhand divennero troppo frequenti. I due figli del chitarrista, di nati al di fuori del matrimonio, di cui uno, Conor, avuto dalla soubrette italiana Lori Del Santo, morto tragicamente cadendo da un grattacielo newyorkese, a soli quattro anni, furono per lei qualcosa di insuperabile. Nella sua autobiografia, intitolata Wonderful today e pubblicata nel 2007, Pattie Boyd scrive a proposito della canzone: “Per anni mi ha fatto piangere. Wonderful tonight è il più commovente ricordo di ciò che di buono c’era nella nostra relazione. Quando le cose tra noi iniziarono ad andare male era una tortura ascoltarla“.

 

Pubblicato il 4 agosto 2011 su www.caravella.eu

 
 

Perchè De Andrè è sempre attuale? L’incontro tra Medioevo e Novecento

 

di

Maria Geraci

 

Riconosciuto per le sue idee anarchiche e la sua abilità con le parole, Fabrizio De André ha riscosso il suo successo a partire dagli anni Settanta, spaziando dal Medioevo al presente. Dall’animo inquieto e introverso ha lasciato un segno nella musica italiana sia come artista che come persona, combattendo battaglie politiche e sociali con i suoi versi…

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Come mi vuoi

 

 

 

Era il 1989. Avevo poco più di undici anni. Nella Panda rossa di mia madre risuonava quella musicassetta, compilation dell’edizione del Festival di Sanremo di quell’anno. Questa canzone di Eduardo De Crescenzo era una di quelle inclusevi. Una delle più belle poesie d’amore che io abbia mai letto e certamente una delle cose che avrei voluto scrivere io stesso, forse molto più di alcuni bei versi di Guido Cavalcanti o Jacques Prévert o anche di certe potenti pagine di Roberto Calasso o Giorgio Agamben. Sono passati circa trent’anni da quei momenti nella Panda di mia madre, quando le parole di questa canzone cominciavano a connaturarsi in me.
Come mi vuoi? Ho ripensato spesso, negli anni, a tutto ciò. Distratto, un po’ incosciente, banale ma divertente, strano, disonesto, anche un po’ maldestro, sereno, intelligente, magari un po’ insolente, libero, egoista o bravo equilibrista, e tanto altro. Come mi vuoi? Non so se sia facile capire come mi vuoi. Posso fare tutto, inventare un trucco, comprare le tue idee, anche senza avere il resto. Come mi vuoi? Non lo so, davvero non lo so! So soltanto che lo trovo, lo trovo, vedrai se ci provo. Dev’esserci un modo per giungere a te…
Perbacco! Dev’esserci un modo. E io lo trovo!

Come mi vuoi
Eduardo De Crescenzo

 

Eduardo De Crescenzo

“The End”: I Doors, il rock e la tragedia greca

 

di

Andrea Arrigo

 

Nell’estate del 1966 Jim Morrison diede vita ad una delle canzoni più controverse della storia del rock, “The End”. Questo monumentale brano dalla durata di ben undici minuti, segna l’inizio di una nuova era e di un modo assolutamente innovativo di esibirsi. Il capolavoro del Re Lucertola ha un luogo di nascita ben preciso: il “Whisky a Go Go”, storico locale notturno di West Hollywood famoso per essere stato luogo di passaggio e trampolino di lancio per moltissime rock band degli anni sessanta. La bozza iniziale della canzone…

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The Doors

 

 

Quel “comunista” di Wagner

 

di

Quirino Principe

 

 

È arduo continuare a correre a perdifiato lungo la strada della pura idiozia, e sostenere l’ipotesi di una responsabilità ideologica, più o meno diretta, di Richard Wagner nei confronti del nazismo, qualora si sia letto uno scritto wagneriano dallo schiacciante peso specifico qual è Oper und Drama. È un testo dal quale spirano, con energia irresistibile alla quale chiunque è costretto ad arrendersi, venti che provengono…

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Richard Wagner (1813 – 1883)

 

 

 

Johnny Cash, 50 anni fa il suo live ‘fuorilegge’: “Gli uni accanto agli altri: io e i ribelli”

 

di 

Carmine Saviano

 

 

Il 13 gennaio 1968 la star del country, l’irriverente, l’uomo in lotta tra Bene e Male, varca le porte del più famoso Penitenziario della California. Suonerà per duemila carcerati seduti a terra e controllati a vista da guardie armate. Ne uscirà la pietra miliare ‘Live at Folsom Prison’…

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Johnny Cash (1932 – 2003)

 

 

Perché “I Walk The Line” di Johnny Cash è da considerarsi poesia

 

da

liberiamo.it

 

 

In una numerosa famiglia di contadini dell’Arkansas, dedita alla coltivazione e alla raccolta del cotone, nasceva il 26 febbraio 1932 Johnny Cash. I suoi genitori e i suoi fratelli non lo sapevano, ma quel bambino sarebbe diventato nel giro di qualche anno la leggenda…

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Johnny Cash (1932 -2003)

 

 

Groupies in the Sixties and Seventies. Let spend the night together!

 

 

 

The groupies scene was a phenomenon of the late Sixties and early Seventies, and various threatening social diseases have effectively put the mockers on groupiedom in the eighties, much to the chagrin of some straggling leftover rock ‘n’ rollers who remember the good times. It was at its height in the late Sixties havens of San Francisco, Los Angeles and New York. In 1969 the groupies knew they had arrived when the influential magazine Rolling Stone dedicated an entire issues to groupies their philosophy, their quirks, their motivation and – in a few cases – their regrets. A groupie is generally considered an avid, often female, fan of a band or musical performer. The term derives from the female attaching herself to a group, the band. While the band is the group, the female is the groupie. A groupie is considered more intense about her adored celebrities than a fan. A fan might have all the albums and a few pictures of her favourite band. She or he might also attend all the band’s performances within reasonable distance to his or her hometown. images9TDXLB30A groupie tends to follow the band, perhaps almost touring with them. The groupie will attempt contact with the band, either conversational or sexual in nature, and may become an annoyance by virtually stalking band members. Obsessive groupies will almost certainly involve themselves sexually with any members of the band including the roadies. Even if rejected, the groupie will usually keep trying with the goal of being considered part of the band, or important to a member of the band. The relationship of an obsessive groupie to a band is like a love relationship gone badly wrong. The obsessive groupie has little interest in anything but matters pertaining to the band. Unfortunately, such groupies are also fuelled by the “sex, drugs and rock and roll,” atmosphere of most popular bands and artists. With sex offered, and frequently drugs available, a groupie can easily become somewhat delusional about her importance. Not all musicians or groupies would necessarily take that stance. Many feel their experiences have been fantastic and wouldn’t change a thing. Ex groupie Pamela Des Barres’ (photo on the side) first novel I’m with The Band  and her last book Let spend the night together for example, are a positive look at the sexually charged groupie environment of the late 1960s and early 70s. The books are very frank and Des Barres does not spare the reader from excessive detail about her and other groupies sexual escapades. The books seem more like bragging regarding a lifestyle, than an expression of regret for her and their choices. Still based in L.A., Des Barres was once a member of the legendary Frank Zappa’s pet – project girl group Girls Together Outrageously. Now something of an icon, she’s written extensively about the rock ‘n’ roll scene of the ‘60s and ‘70s. The way Des Barres sees it, the groupies of the ‘60s were not mere sex partners for testosterone-poisoned guitar players; they were ground-breaking, chance-taking muses, self-lessly nurturing the creative impulses of the world’s up-and-coming musical geniuses.

 

Published in March 2008 on www.clubdtv.com