Archivi categoria: Costume

Rustico Filippi e la poesia comica (da morire dal ridere)

 

di

Riccardo Piroddi

 

 

Rustico Filippi visse a Firenze tra il 1230 e la fine del secolo. Come i compagni poeti, gli stilnovisti, scrisse qualche poesia per celebrare la sua donna. Ebbe, tuttavia, maggiore fama di diffamatore del gentil sesso, sempre con intenti comici, però. Quando prendeva di mira qualcuno e gli dedicava i suoi versi, chi li ascoltava andava per terra dal ridere, dimenandosi come un indemoniato, tranne, ovviamente, gli interessati.carta_della_catena_showing_pa__br_hi Si diceva che durante i consigli comunali, a Firenze, l’opposizione inserisse qualche suo verso nell’ordine del giorno, in modo che i consiglieri di maggioranza abbandonassero la sala consiliare per andare a ridere nei corridoi attigui e, mancando il numero legale, non si approvassero i provvedimenti sgraditi alla minoranza. Per i vicoli e le strade della città, per il Lungarno o per i sestieri cittadini, ragazze magre e brutte, donne che non si potevano guardare manco a farsi pagare, rutti e scoregge, gente vanagloriosa e ingenua, uomini che pensavano solo a dove poterlo infilare, pernacchie e sberleffi, venivano catturati nelle sue rime. Quando il sonetto era confezionato non ce n’era per nessuno. Sentite un po’ qualche verso:

Ovunque vai, conteco porti il cesso
oi buggeressa vecchia puzzolente,
che quale – unque persona ti sta presso
si tura il naso e fugge inmantenente.

(Ovunque vai, con teco porti il cesso, vv. 1-4)

A confronto con questa vecchia, una discarica abusiva sarebbe un laboratorio per la distillazione di profumi.

Oi dolce mio marito Aldobrandino,
rimanda ormai il farso suo a Pilletto,
ch’egli è tanto cortese fante e fino
che creder non déi ciò che te n’è detto. […]

Nel nostro letto già mai non si spoglia.
Tu non dovéi gridare, anzi tacere:
ch’a me non fece cosa ond’io mi doglia.

(Oi dolce mio marito Aldobrandino, vv. 1-4 e 12-14)

Il buon Aldobrandino farebbe bene a controllare più spesso la bella e giovane mogliettina.

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Ne la stia mi par esser col leone,
quando a Lutier son presso ad un migliaio,
ch’e’ pute più che ‘nfermo uom di pregione
o che nessun carname o che carnaio […]                                       
ed escegli di sopra un tal sudore,
che par veleno ed olio mescolato:
la rogna compie, s’ha mancanza fiore.

(Ne la stia mi par essere col leone, vv. 1-4 e 12-14)

Quasi certamente, a casa di Lutier devono aver staccato l’acqua corrente da qualche mese.

Se tu sia lieto di madonna Tana,
Azzuccio, dimmi s’io vertà ti dico;
e se tu no la veggi ancor puttana,
non ci guardar parente ned amico:
ch’io metto la sentenza in tua man piana,
e di neiente no la contradico,
perch’io son certo la darai certana;
non ne darei de l’altra parte un fico
.

(Se tu sia lieto di madonna Tana, vv. 1-8)

Azzuccio, chiedi alla tua donna che perlomeno si faccia pagare!

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I cittadini “celebrati” nelle sue poesie erano facilmente riconoscibili da chi ne leggeva o ne udiva le “gesta” e si incazzavano così tanto che l’autore, di sicuro, avrà avuto, da questi, più di un “paliatone”. Il realismo poetico di Rustico è straordinario. I suoi sonetti, seppure sub specie della comicità, sono l’effettiva rappresentazione di una società in cui dilagavano corruzione, vizi carnali e scarsissima, se non inesistente, igiene personale.

 

 

 

Luisa Casati Stampa

La musa del sogno e della stravaganza

 

 

 

In un’epoca in cui il mondo danzava al ritmo sfrenato dei ruggenti anni Venti del ‘900, vi era una figura che brillava come una cometa solitaria nel firmamento dell’alta società europea. Luisa Casati Stampa di Soncino, marchesa di rara bellezza e fascino ineguagliabile, percorreva il suo cammino con passo felino, avvolta in un alone di mistero e stravaganza. Come un’ombra sfuggente, si muoveva tra i salotti dorati e i giardini incantati, lasciando dietro di sé una scia di meraviglia.
Con i suoi occhi verdi profondi come abissi e la pelle diafana che rifletteva la luce della luna, incarnava l’essenza stessa della bellezza eterea. Ma la sua bellezza non era solo esteriore; era un fuoco che ardeva con fiamma viva nel suo animo inquieto. La sua vita fu una continua performance, un’opera d’arte vivente che sfidava le convenzioni e i limiti del tempo.
Nata in una famiglia di ricchissimi aristocratici, industriali del cotone, Luisa scoprì presto che le regole e le aspettative della nobiltà non facevano per lei. Scelse invece di abbracciare una vita di eccessi e di teatralità, trasformando ogni giorno in un palcoscenico e ogni notte in un sogno. Si circondava di animali esotici, come ghepardi e serpenti, che passeggiavano accanto a lei come compagni fedeli. I suoi abiti, creati da stilisti visionari, erano opere d’arte a sé stanti, adornati di piume, gemme e tessuti preziosi, che brillavano sotto le luci delle feste e dei balli.


Non era solo la sua apparenza a incantare, ma anche la sua mente brillante e la sua passione per l’arte. Luisa fu musa e mecenate di numerosi artisti, ispirando pittori, scultori e poeti con la sua presenza magnetica. Tra questi, il pittore Giovanni Boldini catturò la sua essenza in ritratti vibranti, dove i suoi occhi sembravano scrutare l’anima dello spettatore, mentre Man Ray immortalò la sua figura in fotografie che trasudavano mistero e sensualità.
La sua villa a Venezia, il Palazzo Venier dei Leoni, divenne un tempio del surrealismo, un luogo dove la realtà si mescolava con la fantasia. Qui, tra specchi d’acqua e statue di marmo, Luisa organizzava feste sontuose, che sfidavano l’immaginazione, dove il tempo sembrava sospeso e ogni desiderio poteva diventare realtà.
Ma come ogni stella che brilla troppo intensamente, anche la vita di Luisa fu segnata da una profonda malinconia. Dietro il velo di stravaganza e spettacolo, si celava un’anima tormentata, sempre in cerca di qualcosa di più, di una bellezza e di una verità che sembravano sfuggirle. La sua fortuna svanì con la stessa rapidità con cui era arrivata e gli ultimi anni della sua vita furono trascorsi nell’ombra, lontano dai riflettori e dai fasti di un tempo.
Luisa Casati, una figura tanto affascinante quanto enigmatica, resta un’icona indimenticabile di un’epoca di eccessi e di sogni. La sua eredità vive nelle opere d’arte che ha ispirato e nei cuori di coloro che vedono in lei non solo una musa, ma un simbolo eterno di bellezza, libertà e malinconia.

 

 

 

 

L’ALTRA METÀ DEL CIELO

Storia della donna e della sua condizione
attraverso i secoli

 

 

di Carmela Puntillo

 

 

Questo mio scritto vuole esaminare la condizione della donna attraverso i secoli per vedere quali sono stati i criteri con i quali veniva considerata, quali le difficoltà riguardanti il suo affermarsi nella società, quali conquiste abbia fatto dal suo apparire sulla terra fino ad oggi. Partirò dall’antichità per arrivare, con una panoramica che tocca un po’ tutte le epoche, fino ai giorni nostri ed agli avvenimenti più recenti, scandagliando la situazione delle donne comuni e descrivendo la vita e le opere delle donne particolari e di successo, in un viaggio che mostra la loro tenacia e gli apprezzamenti ricevuti, ma anche il persistere di mentalità negative nei loro confronti. La varietà delle situazioni ci può mostrare come la donna abbia dovuto lottare accanitamente per riuscire ad esprimere una personalità che certamente ha avuto un’importanza fondamentale nella storia…

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Alfonso Iaccarino, Dottore in Scienze dell’educazione
degli adulti e della formazione continua

 

 

 

Chi mi segue sui miei vari canali social sa che quando tratto questioni di famiglia intingo sempre la penna nel calamaio del mio cuore. Oggi, però, per celebrare il conferimento, da parte dell’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli, della Laurea honoris causa in “Scienze dell’educazione degli adulti e della formazione continua” a mio zio Alfonso Iaccarino, voglio “istituzionalizzarmi”, consegnandovi un suo profilo nello stile usuale dei miei contenuti. Ecco a voi, allora (tra le tante qualifiche), il Dottore ad honorem Alfonso Iaccarino.

Alfonso Iaccarino, chef e proprietario del celeberrimo ristorante “Don Alfonso 1890” a Sant’Agata sui Due Golfi (Napoli), è una figura apicale e rappresentativa della cucina italiana. La sua carriera, che dura da cinquant’anni, è ancora contraddistinta da un costante impegno per l’eccellenza, l’innovazione e la valorizzazione della tradizione culinaria mediterranea.
Proveniente da una famiglia di albergatori e ristoratori, ha ereditato la passione per la cucina dai genitori. Con la moglie Livia ha fondato il ristorante di famiglia, il “Don Alfonso 1890”, diventato un vero e proprio punto di riferimento per la gastronomia nazionale e internazionale.
La filosofia culinaria di Iaccarino si basa su tre principi fondamentali: la qualità degli ingredienti, il rispetto per la tradizione e l’innovazione. La sua cucina è un tributo alla dieta mediterranea, con l’utilizzo di ingredienti freschi e di stagione, provenienti dalla sua azienda agricola biologica, “Le Peracciole”.
Pioniere delle pratiche sostenibili nella ristorazione di lusso e innovatore tecnologico, Iaccarino ha adottato tecniche avanzate e strumenti di precisione per esaltare i sapori naturali degli elementi e creare piatti anche esteticamente perfetti.
Sotto la sua guida, oggi affiancato dai figli Ernesto in cucina e Mario in sala, e dall’imprescindibile moglie Livia, il “Don Alfonso 1890” offre un’esperienza culinaria completa, curata in ogni dettaglio, per coinvolgere tutti i sensi, tanto da rendere il ristorante unico nel suo genere.
Iaccarino ha inoltre sempre investito molto nella formazione delle nuove generazioni di chef, promuovendo una cultura culinaria di eccellenza e, attraverso corsi e collaborazioni internazionali, ha diffuso la sua filosofia culinaria nel mondo.
Riconosciuto globalmente con numerosi premi, il “Don Alfonso 1890” è certamente uno dei ristoranti italiani più rinomati a livello mondiale.
Alfonso Iaccarino non è solo uno chef, ma un innovatore e un ambasciatore della cucina italiana. La sua capacità di combinare tradizione e innovazione ha elevato gli standard della ristorazione di lusso, prediligendo sostenibilità e autenticità e continuando a ispirare e influenzare le future generazioni di chef e appassionati di buona cucina. E, da oggi, Alfonso Iaccarino è anche dottore in Scienze dell’educazione degli adulti e della formazione continua!

 

 

 

Franca Florio: l’immensa “Regina senza Corona” della Belle Époque siciliana

 

di

Giada Costanzo

 

Una spallina abbassata. L’ardita trama di un abito aderente a quel vitino fine, a quell’incarnato ambrato da tanti desiderato. Le suggestive pennellate del grande artista Giovanni Boldini, fotografavano così donna Franca, dea di una sicilianità florida e antica

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“Ritratto di Donna Franca Florio” (Giovanni Boldini – 1924)

 

 

 

Cosa ci insegna un idillio amoroso medievale sulle molestie sessuali di oggi. La storia di Abelardo ed Eloisa

 

di

Lisa Bitel

 

 

I mezzi di informazione sono improvvisamente saturi di notizie su uomini influenti, il cui comportamento sul luogo di lavoro è stato contestato da parte delle donne. Questi presunti molestatori sembrano dare per scontato che il potere sul posto di lavoro li autorizzi ad avere contatti sessuali con chiunque…

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Celebrare Giovanni Falcone o Giovanni Brusca?

 

 

In questa Italia, ormai narcotizzata dalla televisione e dai modelli che questa propina, mi chiedo se sia il caso, oggi, nel venticinquesimo anniversario della strage di Capaci, celebrare i carnefici invece delle vittime. Sì, perché, con molta tristezza, devo constatare come la maggior parte degli italiani si appassioni alle vicende di criminali, spesso identificandovisi, specialmente quando si vive in contesti di degrado morale e materiale, piuttosto che riflettere sul sacrificio di galantuomini, spesso abbandonati dalle istituzioni in balia di un potere che, si è scoperto, essere troppe volte in combutta con chi avrebbe dovuto garantire quei valori per i quali alcuni hanno dato la vita. Si fa sempre un gran parlare di coloro i quali settant’anni fa morirono, sulle montagne, per dare la libertà all’Italia. E perché? Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Boris Giuliano, Ninni Cassarà, Beppe Montana, Pietro Scaglione, Gaetano Costa, Carlo Alberto Dalla Chiesa, agenti della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, non sono forse stati ammazzati per continuare a garantire a noi quella libertà? Ad ogni modo, in queste settimane la TV sta mandando in onda serie e fiction su mafia e malavita. Preparatevi ad altre lezioni di storia e di morale di questa Italia becera, ingrata e rincoglionita!!!

 

Giovanni-Brusca

 

Cinquanta sfumature di…

 

Cinquanta sfumature di frustrazione, di desideri repressi, di inadeguatezza a scegliere il proprio partner, anche sessuale. Cinquanta sfumature di cose proibite che non saranno mai capaci di fare, seppure le sognano. Cinquanta sfumature di bisogno di evasione, che viene soddisfatto nel modo più sbagliato possibile, cioè, spesso, col tradimento. Cinquanta sfumature di “carampane”… Ecco perché queste ultime immondizie editoriali e cinematografiche hanno successo presso un certo pubblico femminile!