Archivi giornalieri: 13 Luglio 2016

Il pianto dinanzi a un’opera d’arte, William Turner e le mie donne

 

 

Si può piangere dinanzi ad un’opera d’arte, esposta in una mostra? Certamente! Soprattutto se una riproduzione fotografica di questo capolavoro è stata usata, qualche anno prima, come immagine di copertina di un libretto di poesie, scritte per celebrare una donna. Si piange perché, ammirandola, quell’opera d’arte diventa quella donna, i suoi occhi, la sua bocca, i suoi seni, le sue mani. Quegli occhi, quella bocca, quei seni, quelle mani diventano versi e letteratura. Quei versi e quella letteratura diventano William Turner e La valorosa Tèmèraire. William Turner e La valorosa Tèmèraire diventano quella donna, i suoi occhi, la sua bocca, i suoi seni, le sue mani.
Ecco il miracolo dell’arte e della letteratura! Ecco la funzione dell’arte e della letteratura! Ecco cos’è l’arte, cos’è la letteratura e cosa sono per me (lo rivendico con orgoglio), le donne!

 

william-turner-the-temeraire-towed-to-her-last-berth-aka-the-fighting-temraire-sea-ships-artworkWilliam Turner, “La valorosa Téméraire trainata al suo ultimo ancoraggio per essere demolita”, 1839
Londra, National Portrait Gallery

 

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Petit Déjeuner avec Ferdinand

 

 

Uno dei miei problemi più grandi è che conosco pochissime persone che sanno parlare. Parlare l’italiano? Non solo. Esporsi in modo chiaro, pulito. Ecco. Esprimere concetti non alterati dalle grossolanità del dialetto, dei vernacoli, dalle banalità reiterate dei social. Conosco un mucchio di persone che parlano male, che sono confusionarie, verbalmente maldestre, impantanate in gorghi da cui anche la talpa più rodata faticherebbe a uscire. Sprofondanti in sabbie mobili di senso. È come un sonno, un’abulia. L’inabilità alla comunicazione dialogica, al dire a voce, un penoso cicaleccio aziendalistico (ossia la più mostruosa e diabolica forma di asservimento linguistico alle logiche del mercato). Langue terribilmente la “langue” (De Saussure si starà rivoltando nella tomba), per non dire la “parole”. È questa la verità.
Uno dei miei massimi problemi è il vuoto lessicale della gente che incontro tutti i giorni. Quell’orribile buco di foni. Quella straordinaria scarsità strutturale di inventiva nel raccontare/raccontarsi. Ogni volta che chiedo a qualcuno di narrarmi una cosa che gli è accaduta, prima mi segno, dopo trattengo sbadigli. Finora ho conosciuto pochissime persone in grado di esprimersi magistralmente. E ogni volta mi sono tolto il cappello, ho aperto i canali uditivi e son stato zitto. 
Ecco qua. Ora molti di voi sapranno perché quando aprono bocca con me li scavalco e gli parlo sopra senza pietà.

Patrick Gentile