Il ruolo del Mediterraneo nella geopolitica e nella geostrategia

 

Parte VI

     

Il Mediterraneo e la geopolitica dell’alimentazione e delle risorse idriche

 

 

Fattori strutturali e fattori congiunturali hanno determinato un’impennata dei prezzi agricoli, con una contrazione dell’offerta ed una crescita della domanda globale. Il rallentamento del tasso di crescita della produzione agricola (diminuzione delle rese, bassi livelli di profitto, mancate riforme delle politiche agrarie, crescita della produzione dei biocarburanti etc.), a livello mondiale, con conseguente aumenti dei prezzi, ha determinato l’attuale crisi alimentare mondiale, che ha manifestato i suoi effetti perversi specie sul “Mediterraneo allargato”, investito negativamente da decenni di cambiamenti climatici, con cali delle precipitazioni e processi di desertificazione, con particolare riferimento ai versanti, africano ed asiatico. La diminuzione delle precipitazioni, incidendo sullo stato delle risorse naturali e sulle attività umane che da esse dipendono, ha determinato anche un calo delle risorse idriche rinnovabili pro-capite in tutti i paesi del “Mediterraneo allargato”, fatta eccezione per l’Albania. Questa riduzione della disponibilità idrica ha colpito al cuore l’agricoltura dei paesi arabi, che assorbe il 70% di tutte le risorse idriche disponibili, e si accompagna all’incapacità di rendere più efficienti i sistemi irrigui. L’acqua, quindi, rappresenta l’elemento che incide direttamente sull’insicurezza alimentare. L’intreccio tra demografia e scarsità delle risorse idriche rende l’insicurezza alimentare un altro fattore di destabilizzazione del sud del “Mediterraneo allargato”, a causa dello squilibrio, nei bilanci alimentari dei paesi nord-africani e medio-orientali, tra esportazioni e importazioni, con un deficit consistente per i cereali e gli alimenti di origine animale. La forte dipendenza alimentare dall’Europa e dal Nord America, se, da un lato, rende più agevole il perseguimento della sicurezza energetica dell’Occidente; dall’altro, nel medio lungo termine, si tradurrà, con la crescita demografica e l’inurbazione caotica, in un ulteriore fattore di instabilità della geopolitica del “Mediterraneo allargato”, con ricadute negative anche sul commercio internazionale. Alla luce del rapporto tra scarsità di risorse idriche e insicurezza alimentare, si può affermare che l’acqua diventerà uno dei maggiori fattori di instabilità del “Mediterraneo allargato”, investendo i paesi nord-africani e mediorientali, ma, di contro, anche quelli nord-occidentali e balcanici. Lo squilibrio tra la disponibilità di risorse idriche tra i primi ed i secondi è stridente: su 12 paesi del Sud e dell’Est del Mediterraneo, 8 paesi utilizzano già il 50% delle loro risorse idriche rinnovabili e due (Autorità Palestinese e Libia) più del 100%. Nel 2025, diventeranno 10 al 50% ed 8 consumeranno più del 100%. In questa situazione, alcuni paesi hanno fatto ricorso anche allo sfruttamento di falde fossili non rinnovabili. Il 72% delle risorse idriche del “Mediterraneo allargato” sono nella disponibilità dei paesi del nord, il 23% dei paesi dell’est e il 5% dei paesi del Sud. Siria, Israele, Palestina ed Egitto sono già in forte dipendenza idrica dai paesi che si trovano a monte dei bacini idrici di pertinenza. Si tratta di una situazione insostenibile, che alimenterà tensioni, contrasti e conflitti internazionali, anche perché alcuni bacini idrici sono condivisi. I casi più clamorosi risultano: l’accesso e lo sfruttamento delle risorse idriche del bacino del Giordano, che contrappone Israele all’Autorità Nazionale Palestinese, alla Giordania e alla Siria; il Grande Progetto Anatolico, per la costruzione di 32 dighe sul Tigri e sull’Eufrate, che contrappone la Turchia alla Siria e all’Iraq; le rivendicazioni sullo sfruttamento prioritario delle acque del Nilo azzurro, che contrappone l’Etiopia al Sudan e all’Egitto.

 

 

 

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