Uno scrigno di segreti (e d’amore e di bellezza)

 

di

Riccardo Piroddi

 

Uno scrigno di segreti, A saucerful of secrets, come il secondo album in studio dei Pink Floyd del 1968. Questo è L’universo delle fragranze. L’epopea artistica di un maestro profumiere: Maurizio Cerizza, presentazione di Andrea Casotti, GoldenGate Edizioni, 2019, ultimo romanzo biografico di Raffaele Lauro. Un’opera che è, innanzitutto, una storia di segreti, quelli dell’arte profumiera, che parla d’amore e di bellezza, scritta con amore e con bellezza, per chi sa capire l’amore e la bellezza ed è pronto a raccoglierne i doni. Indubbiamente, Raffaele Lauro è un uomo d’amore e di bellezza. Per questo è riuscito a condensarne tantissimi in questo libro, seppure più breve rispetto ai precedenti della sua vasta produzione letteraria, donando al lettore, come sempre, la parte più intima e preziosa della sua persona. Chi ha avuto e ha il privilegio di conoscerlo e di aver letto quanto da lui precedentemente pubblicato, senz’altro non si meraviglia dei contenuti di questa sua ultima opera, dedicata a uno dei più grandi maestri profumieri italiani, Maurizio Cerizza. Bisogna essere grati a Raffaele Lauro per aver trattato non del resoconto di un accadimento epocale, non della cronistoria di un evento memorabile, momenti ai quali, nel corso della carriera di uomo delle Istituzioni, ha potuto assistere da diversi osservatori privilegiati, quanto piuttosto qualcosa di apparentemente più semplice e immediato, eppure così universale e senza tempo. Qualcosa che ha implicato l’intingere la penna nell’inchiostro dei sentimenti più profondi e reconditi. Ciò lo si può fare, certo, per emozionare il lettore, per rendere più gemmata la narrazione, per mostrarsi vestiti dei propri abiti migliori. Raffaele Lauro, in quest’ambito, è un imperator che non ha bisogno di esibire alcun ornamento nuovo, abbigliato, come è, di un’anima sensibile e di un inesauribile spirito d’amore e di bellezza! Questo è forse l’unico, vero ragguaglio utile per la comprensione di quest’opera. Ne L’universo delle fragranze, qualsiasi appello all’analisi tecnica, quale potrebbe essere fornita da un critico o da un “operaio specializzato” della letteratura, è meramente vano. Troppo spesso, infatti, la critica tende ad attribuire a un’opera significati che essa non ha o a sovraccaricarne i motivi di ulteriori, inutili, implicazioni. Mi salta alla mente, su tutti, l’intervento che Michele Barbi, autorevole filologo e insigne dantista, pubblicò sulla rivista Studi danteschi, da lui fondata nel 1920, a proposito della ricerca quasi spasmodica di sensi nascosti dietro la lettera nell’opus princeps di Dante Alighieri: “Io ho un giorno, durante il positivismo che s’era insinuato nella critica dantesca, richiamato gli studiosi a non trascurare una ricerca così importante come quella del simbolismo nella Divina Commedia: oggi sento il dovere di correre alla difesa del senso letterale, svilito come azione fittizia, come bella menzogna, quasi che nell’intendimento di Dante l’importanza del suo poema non consista già in quello che egli ha rappresentato nella lettera di esso, ma debba andarsi a cercare in concetti e intendimenti nascosti sotto quella rappresentazione. Non snaturiamo per carità, l’opera di Dante; è una rivelazione, non già un’allegoria da capo a fondo. La lettera non è in funzione soltanto di riposti intendimenti, non è bella menzogna: quel viaggio che essa descrive è un viaggio voluto da Dio, perché Dante riveli in salute degli uomini quello che ode e vede nel fatale andare”. È sempre stata mia opinione che la miglior critica a un’opera letteraria sia fatta dal lettore stesso, proprio in quanto lettore. Essa, infatti, mediata dalle proprie conoscenze, dalla propria interiorità, dalla propria Weltanschauung, risulterà essere a misura personale e, dunque, giusta e pregnante (l’uomo come misura di tutte le cose, di cui parlava il filosofo greco Protagora). A un non cristiano che leggesse analiticamente l’Antico Testamento, ad esempio, esso parrebbe come la narrazione di una ipotesi abbastanza fantasiosa della creazione del mondo o la storia di un popolo guerriero che, in nome di un dio, combatte per conquistarsi una terra dove poter vivere. A una morigerata e pudica lettrice, come si mostrerebbe L’amante di Lady Chatterley di David Herbert Lawrence se non un romanzo lascivo e scostumato? E ancora, potrebbe non giudicare racconto degenerato e pervertito, il virile lettore che leggesse La statua di sale di Gore Vidal? Questo è il senso pratico di quanto appena detto riguardo l’interpretazione di un’opera letteraria, soprattutto per coloro poco versati nel maneggiare gli alambicchi teorici nei quali i critici distillano i propri giudizi. Tredici lettere, due parole: a-m-o-r-e e b-e-l-l-e-z-z-a! Queste sono le chiavi interpretative de L’universo delle fragranze. Esse sono chiavi universalmente comprensibili e accessibili, esprimentisi attraverso un linguaggio universale, che con i sentimenti parla ai sentimenti. Ma L’universo delle fragranze è anche una storia vera, per quanto poco comune, i cui personaggi sono esistiti e sono stati conosciuti da molti, i quali, oggi, ne possono leggere le vicende. Da ciò, il valore pedagogico di questa lettura: leggere di chi si conosce, di chi si è incontrato, di chi si è voluto bene, impressiona maggiormente e maggiormente si imprime nella mente. Talvolta, la letteratura ha il magico potere di sublimare le esistenze – nonostante sia spesso condotto sotto l’aspetto della fictio narrativa – di individui realmente esistiti: basti citare, a riprova, l’imperatore Adriano de Le memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar; Torquato Tasso nella pur breve tra le Operette morali leopardiane, Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio familiare; o Giovanna d’Arco ne La pulzella d’Orleans di Friedrich Schiller, o ancora gli innumerevoli personaggi della storia raccontati nei romanzi storici pubblicati negli ultimi anni: Alessandro di Macedonia da Valerio Massimo Manfredi, Ramses d’Egitto da Christian Jacq, Napoleone Bonaparte da Max Gallo e tanti altri. Maria Aleksandrovna, Imperatrice di tutte le Russie, moglie dello zar Alessandro II Romanov, suor Lucia, la nonna Maria, Aurelio e Miranda, Maurizio (Cerizza, il protagonista), i fratelli, i grandi maestri profumieri francesi, ricevono anch’essi la sublimazione letteraria. Così abilmente Raffaele Lauro riesce a “confondere” il lettore che quasi ne sospende la mente in una dimensione diversa dalla realtà. La penna dell’Autore diviene il caleidoscopio attraverso cui i suoi personaggi trasfigurano se stessi nel mito, non solo letterario, divenendo exempla e archetipi dei valori positivi dell’esistenza umana, spingendo all’imitatio, rilasciando una lezione di vita che, se seguìta, migliorerebbe l’esistenza di ciascuno. Anche i luoghi risentono di questa trasfigurazione: Sanremo e la Riviera ligure di Ponente, la bella Penisola Sorrentina, la Provenza col suo profumo di lavanda in cui riecheggiano potenti echi proustiani, Parigi.
Memore della sua attività di professore, di pedagogo, di premuroso ma rigoroso plasmatore di coscienze, l’Autore consegna al lettore ritratti che incantano, che spingono alla riflessione, che istillano il bisogno di vedervi dentro e oltre. Come un abile pittore fiammingo, Raffaele Lauro ha dipinto il suo quadro. Contemporaneo Jan van Eyck della parola, ha intriso il racconto di minuzie, piccoli particolari, più o meno nascosti, lasciando al lettore il compito di svelarne le componenti e farsene rapire. E, proprio come il celeberrimo pittore in una delle sue opere più famose, La promessa di matrimonio – erroneamente intitolata I coniugi Arnolfini, come dimostrato nel bel romanzo The art thief (in italiano La donna del collezionista) dello scrittore americano Noah Charney – al centro della scena ha posto uno specchio, nel quale è riflesso egli stesso nell’atto di dipingere-scrivere. Quello stesso specchio nel quale si rifletterono le esistenze e le vicende dei vari protagonisti del romanzo. Quasi come in un gioco di scatole cinesi, i personaggi sono contenuti in qualcosa che li abbraccia e li include. Parte di una storia portante, a loro volta narrano le proprie storie, un po’ come ne Le mille e una notte. Ho già anticipato che quest’opera sia, innanzitutto, una storia d’amore e di bellezza, dostoevskiana e spinoziana (la bellezza della natura che salverà il mondo e il Deus sive Natura o Pulchritudo sive Natura), che parla d’amore e di bellezza, scritta con amore e con bellezza. Ma essa non è soltanto questo. Raffaele Lauro è un intellettuale raffinato dalla personalità poliedrica e dai molteplici interessi, versato in numerose discipline. Tutta la sua opera di romanziere è permeata da queste caratteristiche. Questo libro parla anche altri linguaggi, tratta anche altri argomenti, spinge anche ad altre riflessioni. È un compendio dell’arte profumiera che l’Autore dosa con perizia e con garbo, non cadendo mai nella tentazione di salire in cattedra, nonostante ne abbia acquisito l’autorità. Non dà lezioni il professore (è rimasto il “prof” dei suoi allievi di filosofia del Liceo di Sorrento, che i ruoli successivi di prefetto e di senatore non hanno appannato), ma tratta con levità argomenti tecnici impegnativi, ne conversa col lettore, ne cattura l’attenzione e l’intelligenza, offrendo precisi ragguagli e informazioni. Questo romanzo biografico incuriosisce e spinge all’approfondimento. Ancora una volta, quindi, l’Autore mostra di essere in forma smagliante. Leggera ed eterea, come le essenze così splendidamente descritte tra le sue pagine, quest’opera effonderà certamente il suo profumo meraviglioso!

Raffaele Lauro e Riccardo Piroddi all’Hilton Sorrento Palace (2016)