Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie è uno di quei libri diventati nel tempo qualcosa di diverso di un semplice racconto: ha incantato generazioni di lettori, sia grandi sia piccoli. La storia di Alice, una bambina annoiata che per caso intraprende un viaggio in un mondo fantastico, abitato da creature bizzarre e divertenti, talvolta inquietanti, ha avuto un’enorme influenza non solo sulla letteratura (nientemeno che James Joyce e Jorge Luis Borges si dissero ispirati da quest’opera), ma anche, dopo decenni dalla sua pubblicazione…
«Ma il secolo dei codici miscellanei latini e volgari fu senza dubbio il Duecento». Con queste parole Armando Petrucci delineava uno dei tratti maggiori d’un profilo storico-critico intorno alla genesi, l’evoluzione e il senso di quella tipologia manoscritta e redazionale – secondo che la si guardi nella sua realtà oggettuale o in quella testuale – caratterizzata dalla compresenza nel medesimo libro di testi differenti giustapposti l’uno all’altro e talvolta raccolti secondo una serie d’unità codicologiche definibili…
Il 30 settembre 1975, alle 22:50, un metronotte sente delle urla provenire dal bagagliaio di una Fiat 127, in via Pola, nel quartiere Trieste di Roma. Poco dopo intervengono i carabinieri, che forzano l’auto e si trovano davanti una scena raccapricciante: una ragazza insanguinata chiede disperatamente aiuto e, accanto a lei, giace il corpo di un’altra giovane donna, ormai morta…
L’etimologia che nelle sue Nugae curialium Walter Map (nato intorno al 1140, morto dopo il 1208) propone per il termine “fantasma” è significativa: A fantasia quod est aparicio transiens dicitur fantasma: “Ciò che è un’apparizione transitoria è detto, da fantasia, fantasma”: l’apparizione fantasmatica prende dunque il nome da una facoltà dell’uomo che riguarda tanto la sfera fisiologica quanto quella psichica…
La situazione storica è un pochino confusa: libere (molto) divagazioni (non tanto) sul modo di intendere i “fiori”, ieri e oggi. “Il trenta luglio duemilaundici Maria-Chiara salì sul torrione del suo castello per considerare un momentino la situazione storica e la trovò un poco confusa. Per questo, decise di sedersi nel prato adiacente al camping di Castel di Sangro e iniziare un vecchio libro trovato nella libreria di casa“.
I fiori blu di Raymond Queneau. Con un po’ di scetticismo, iniziò a leggere, spinta solo dalla traduzione di Italo Calvino più che dalla curiosità per il libro stesso…
La lettura di Kafka è sempre un’esperienza particolare, che richiede una precisa volontà da parte del lettore: confrontarsi con una sensazione generalizzata di malessere. Eppure, Kafka è un autore il cui valore letterario non è misurabile e, credo, nessuno si priverebbe mai del “piacere” di leggerlo e rileggerlo…
«Crescono infatti ciliegie aspre e ciliegie dolci di ogni tipo, tanto domestiche quanto selvatiche, in tale abbondanza che talvolta capita ne vengano portate in città in un sol giorno più di sessanta carri; in ogni momento da metà maggio fin quasi a metà luglio se ne trovano in vendita in città».
L’immagine dei sessanta carri carichi di ciliegie che varcano le porte di Milano non è che una delle tante che popolano uno dei libri più belli mai scritti su una città, il De magnalibus Mediolani di Bonvesin da la Riva…
Era conosciuta, fino a poco tempo fa, come “la Compiuta Donzella“: così avevano soprannominata quella misteriosa poetessa gli eruditi dell’Ottocento, facendo eco ai poeti che corrispondevano con lei, i quali affiancavano al suo nome, Compiuta, l’appellativo donzella, signorina. Oggi si preferisce chiamarla semplicemente Compiuta da Firenze, dato che null’altro…
Il sommo Dante è stato, senza dubbio alcuno, avanti Francesco Petrarca, Pietro Bembo e Alessandro Manzoni, il primo e più abile fabbro della nostra lingua. Proprio a lui, infatti, si deve la forgiatura dei caratteri della parlata italiana. Voglio fornirvi degli incredibili dati numerici, tratti dalla mitica enciclopedia multimediale Treccani.it: è stato calcolato che il 90% del lessico fondamentale dell’italiano oggi in uso (cioè, il 90% delle 2000 parole più frequenti, che a loro volta costituiscono il 90% di tutto ciò che diciamo, leggiamo o scriviamo ogni giorno), sia già nella Divina Commedia. La sua opera principale è invero a tal punto vasta, da potersi considerare un’epitome dell’intero sapere antico e medievale. E’ così piena di parole, anche specialistiche, che Dante ha temprato, non solo la nostra parlata comune, ma anche quelle tecniche. Lungo le tre cantiche del divino poema, infatti, sono molte le micro lingue presenti, come si definiscono, in linguistica, i lessici propri di una specifica disciplina, che, ad elencarli tutti, riempirei qualche pagina. Anche parolacce e bestemmie non mancano, appunto per non lasciar fuori nulla. Eccovi qualche esempio: Inferno, canto XVIII, vv. 133: “Taide è, la puttana che rispuose”; Inferno, canto XXI, v. 139: “Ed elli avea del cul fatto trombetta”; Inferno, canto XXV, vv. 1-3: “Al fine de le sue parole il ladro/ le mani alzò con amendue le fiche,/ gridando: “Togli, Dio, ch’a te le squadro!”). Prima di Dante, il vocabolario italiano era alquanto povero ma dopo di lui, è diventato tra i più ricchi al mondo. Prima, si poteva parlare soltanto di poche cose. Dopo, di quasi tutto. Anzi, di tutto! Pose le basi, inoltre, affinché il latino, presto o tardi, fosse messo in soffitta, soprattutto come registro scritto per la trasmissione della cultura, tanto buono era stato, nella sua opera, il lavoro compiuto sul linguaggio. Grazie al sommo poeta (immagine a sinistra) e alla lingua della Divina Commedia, noi tutti, ancora oggi, possiamo affermare: “Il fiorentino è il dialetto che di più si avvicina all’italiano perfetto!”. Ciò è accaduto perché la vastissima diffusione del sublime poema, già immediatamente dopo la morte del suo Autore, veicolò anche la lingua con il quale era stato composto. Quest’ultima, infatti, funse da modello linguistico per tutti coloro che lo lessero. La Divina Commedia ha insegnato agli italiani a leggere e a scrivere correttamente, permettendo loro, dalle Alpi alla Sicilia, di comprendersi reciprocamente. Potrei, dunque, proclamare che l’Italia sia stata unita da Dante più di cinquecento anni prima di Garibaldi, Cavour e i Savoia, ma questa, per chi come me è meridionale, è un’altra storia!
È sufficiente passare qualche ora a Weimar, visitare la casa in cui visse e farsi conquistare dello magia del luogo per avvertire in che modo Friedrich Schiller ha saputo incarnare lo spirito liberale e borghese di quella Germania che poi verrà spazzata via dalla reazione nazionalista successiva all’invasione napoleonica…