Recensione di Carmela Puntillo
Il libro di Stefania Colombo, Morellini Editore, 2024, racconta la vita di Jeanne Hébuterne, compagna del pittore Amedeo Modigliani, focalizzandosi sugli anni trascorsi con lui e sui giorni prima del suo suicidio. Parigi. La Prima guerra mondiale devasta l’Europa e il mondo. Una coppia lotta per sopravvivere nell’ambiente di Montparnasse, tra pittori, ritrovi allo “Chez Rosalie” (il ristorante degli artisti dove andavano a cenare Jeanne e Modigliani e dove la padrona, Teresa, un’italiana, li accoglie amichevolmente ed accetta che la paghino solo con i disegni di lui e non con denaro) e alla “Rotonde” (un locale dove Victor, il padrone, difende gli artisti anche contro la polizia che li controlla perché sono renitenti alla leva). Lei, Jeanne Hébuterne, compagna di “Modi”, ha abbandonato la sua vita borghese e benestante e ha accettato di vivere solo di arte e di amore, in una povertà difficile da gestire ma che ha voluto per coltivare queste due passioni. Il contrasto con il padre, tradizionalista e contrario a un’unione non ufficiale quale la convivenza con Modigliani, povero, alcolizzato e drogato, è profondo, tanto che Jeanne ha scelto di lasciare la casa dei genitori, rinnegandoli. La madre, di un cattolicesimo rigido e che vive una vita quasi monacale a cui vorrebbe che aderissero anche i figli, la condanna ugualmente ma prova tenerezza per lei e vuole aiutarla nelle sue difficoltà. Accetta, quindi, di accompagnarla in Provenza quando Amedeo ha bisogno di tepore perché ha la tubercolosi. In questa trama gli avvenimenti della vita presente si intrecciano a quelli della vita passata per mezzo di flash-back, rendendo la storia più interessante e creando una struttura dinamica. Abbiamo, quindi, un susseguirsi di vicende nella narrazione dettagliata della vita di lei: i giochi col fratello André quando facevano la gara sui gradini della chiesa, il temporale che li aveva colti un giorno quando stavano andando a catechismo, il suo desiderio di imparare l’arpa e l’imposizione dei genitori di studiare il violino, la partenza del fratello per la guerra, le lezioni all’Accademia Colarossi, l’incontro con l’amica Chana, la conoscenza di Modigliani, le pose per il pittore giapponese Foujita, il ripudio da parte del padre, la prima gravidanza, l’imbarazzo della scelta su a chi dare per prima la notizia, il bombardamento della chiesa di Saint-Gervais, la tosse di Amedeo che la svegliava di notte, il soggiorno in Provenza, il dolore del parto, il padre indifferente che non sa amarla, lei che non riesce ad amare la figlia, la fine della guerra, la vita per l’arte, la vita per Amedeo, il dolore di vedersi separata dalla sua bimba, Amedeo che non vuole farsi curare ma che poi decide di andare in Italia dove c’è più tepore, il tentativo di insegnarle l’italiano attraverso la pittura, l’aggravarsi della tubercolosi, Amedeo che è costretto a letto, Amedeo che ha un’emorragia e che è trasportato all’ospedale, la notizia della morte appresa indirettamente attraverso sussurri e mormorii, la visita all’ospedale al corpo morto, il dolore e la disperazione, il salto nel vuoto e la fine. Tutta una vita. E Modigliani riempie questi episodi con il suo umorismo, la sua arte perfetta da vero artista di Montparnasse che vuole condurre una vita “bouleverdière”, lontano dalle convenzioni della società e dallo schiacciamento della politica. Un romanzo veramente appassionante, che ci racconta la storia di un’anima e anche un po’ di storia d’Europa.