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La filosofia siete voi: elogio di una gioventù che interroga

Lettera ai giovani studenti

 

 

 

Cari ragazzi,

voglio parlarvi di una parola che, a prima vista, sembra distante da voi. Filosofia.

Lo so. A sentirla, il rischio è che subito la vostra mente corra a immagini scolorite: libri pieni di parole difficili, nomi antichi, formule astratte, interrogazioni infinite. La filosofia pare appartenere a un’altra epoca. A un mondo che cammina piano, che ragiona lentamente, mentre voi vivete immersi in una realtà che accelera sempre, che cambia in continuazione, che vi chiede di essere veloci, efficienti, costantemente connessi. Eppure, lasciate che vi dica questo: la filosofia è più vicina a voi di quanto pensiate. E mai come oggi è urgente che le vostre vite si incrocino con essa.
Perché la filosofia non è lusso per intellettuali. Non è sapere elitario, non è esercizio sterile. È, prima di tutto, una forma di vita. Un modo di stare al mondo. È l’arte – antica e sempre nuova – di porsi domande radicali, quelle che toccano il fondo delle cose, quelle che mettono in discussione ciò che diamo per scontato.
E voi, anche se non lo chiamate così, siete pieni di filosofia. Ne siete abitati ogni giorno, senza accorgervene. Vi fate domande vere, spesso nel silenzio delle vostre stanze o nel chiasso dei social. Chi sono? Chi sto diventando? In cosa credo davvero? Come si costruisce un amore che non sia finzione? Qual è il mio posto in questo mondo che sembra scivolare dalle mani? Che senso ha la sofferenza, la morte, la solitudine?
Non sono domande “da adulti”. Non sono domande teoriche. Sono le vostre domande. E sono le stesse che Platone, Spinoza, Kierkegaard, Camus, Simone de Beauvoir si sono posti. La differenza è che a loro è stato detto che quelle domande valevano la pena. Che erano degne. A voi, troppo spesso, si dice il contrario: che pensare è tempo perso, che l’importante è saper vendersi, sapersi adattare, sapersi promuovere. Che bisogna smettere di chiedere e iniziare a fare. Ma chi ha detto che pensare non è fare?
Viviamo in un’epoca affollata di opinioni e povera di pensiero. Dove tutti parlano ma pochi ascoltano. Dove tutto è comunicazione ma quasi nulla è comprensione. In questo rumore assordante, la filosofia è una forma di resistenza. È un atto di libertà. Significa prendersi il diritto di fermarsi, di riflettere, di sospendere il giudizio. Di dire: aspetta, non mi basta quello che mi state dicendo, voglio capire davvero.
È difficile? Sì. Ma non impossibile. È scomodo? Sicuramente. Ma necessario. Perché senza pensiero non c’è libertà. E senza libertà non c’è umanità.

La vostra generazione sta crescendo in mezzo a contraddizioni enormi. Vi si dice che potete essere tutto, ma poi vi si chiede di scegliere in fretta. Vi si dice che siete unici, ma poi vi si misura in base a standard impersonali. Vi si parla di inclusività, ma poi si favorisce l’omologazione. Vi si propone un mondo fluido, ma senza mappe. È normale sentirsi spaesati. È umano sentirsi fragili. Ma proprio lì, in quella fragilità, può nascere qualcosa di potente: la possibilità di pensare, davvero.
La filosofia non vi promette salvezza, né successo. Non vi dà risposte prefabbricate. Vi offre un modo diverso di stare in questo mondo. Vi insegna a guardare con attenzione, a distinguere il vero dal verosimile, a tollerare il dubbio senza esserne schiacciati. Vi insegna che l’intelligenza non è solo calcolo ma anche cura. Che la ragione non è nemica dell’emozione ma suo alleato più profondo. Che la libertà non è fare ciò che si vuole ma diventare ciò che si è.
Vi chiederanno spesso di essere “produttivi”. La filosofia, invece, vi chiederà di essere presenti. Vi chiederanno di avere “risultati”. La filosofia vi chiederà di avere radici. Vi chiederanno di avere certezze. La filosofia vi insegnerà a non averne paura quando queste vacillano.
E vi accorgerete, se vi lascerete toccare, che le parole della filosofia cominciano a parlarvi. Non come formule da memorizzare ma come strumenti per vivere meglio, per vivere con più consapevolezza il tempo che vi è dato. Che un pensiero letto per caso può illuminare un dubbio che vi portavate dentro da anni. Che un filosofo morto da secoli può diventare, un interlocutore, quasi un amico. Perché la vera filosofia non muore. È sempre viva. È sempre attuale. Perché parla dell’umano. E voi siete profondamente, ostinatamente umani.
Vi auguro incontri veri: con docenti che vi parlino, non solo che vi interroghino. Con libri che vi feriscano, non solo che vi formino. Con domande che vi abitino, che non vi lascino in pace. Perché solo chi è abitato da domande profonde può vivere in modo autentico. Vi auguro la pazienza del pensiero, la lentezza del dubbio, il coraggio dell’inquietudine. E, soprattutto, vi auguro di non spegnere mai quella fiamma che vi rende capaci di meravigliarvi. Perché chi si meraviglia non è mai del tutto prigioniero.
La filosofia è per chi non si rassegna. Per chi vuole vedere chiaro anche quando il mondo è opaco. Per chi vuole restare umano, quando tutto intorno spinge alla disumanizzazione. E se avrete il coraggio di continuare a camminare, cessando di fingere di sapere tutto, allora – anche senza accorgervene – sarete filosofi. Non per mestiere: per vocazione.
Non abbiate fretta di diventare. Imparate a essere. E non smettete mai di cercare.
 
Riccardo

 

 

 

 

Il Triregno di Pietro Giannone

L’anatema illuminista contro il potere assoluto della Chiesa

 

 

 

 

Il Triregnum di Pietro Giannone (1676-1748) costituisce uno dei contributi più radicali alla critica dell’ingerenza ecclesiastica nella sfera politica e sociale. Giannone, noto per la sua Istoria civile del Regno di Napoli (1723), fu un pensatore illuminista anticipatore della separazione tra Stato e Chiesa e un fermo oppositore dell’assolutismo papale. Il Triregno si distingue per la sua visione sistematica del potere papale, suddiviso in tre regni: temporale, spirituale e delle coscienze, un’analisi che mostra come la Chiesa abbia costruito nel corso dei secoli un dominio articolato e pervasivo.
L’opera, scritta probabilmente negli ultimi anni di vita di Giannone, durante la sua lunga prigionia nelle carceri sabaude, non fu mai pubblicata integralmente mentre l’autore era in vita, ma circolò in ambienti intellettuali e fu recuperata successivamente. Il suo contenuto risulta estremamente innovativo per l’epoca e si pone in continuità con le grandi discussioni illuministiche sulla natura del potere e sulla necessità di limitarne gli abusi.
Il titolo stesso dell’opera rivela la tesi centrale di Giannone: il potere della Chiesa non si limita a una sfera puramente spirituale, ma si estende a un dominio triplice che incide sulla politica, sulla religione e persino sulla vita intima degli individui. L’autore suddivide l’influenza del papato in tre livelli distinti. Il regno temporale, primo livello che riguarda il controllo diretto della Chiesa sulla politica e sull’amministrazione dei territori. Giannone denuncia come il papato, con il pretesto della difesa della fede, abbia accumulato enormi ricchezze e potere, interferendo con le decisioni dei sovrani e limitando la sovranità degli Stati. Egli critica l’uso della scomunica e dell’interdetto come strumenti politici, utilizzati per piegare i governanti alla volontà della Santa Sede. Il regno spirituale, secondo livello che si riferisce al monopolio della religione da parte della Chiesa, che ha imposto un controllo assoluto sulla dottrina, sui sacramenti e sulla disciplina ecclesiastica. Giannone evidenzia come la Chiesa abbia sfruttato la religione come strumento di dominio, manipolando la teologia per legittimare il proprio potere e scoraggiando ogni forma di pensiero critico. Egli critica in particolare il dogmatismo imposto dai concili e la rigidità delle gerarchie ecclesiastiche, che ostacolano l’evoluzione della società. Il regno delle coscienze, l’ultimo e più subdolo livello del potere papale riguarda il controllo sulla sfera privata e sul pensiero individuale. Giannone analizza come la confessione obbligatoria, l’Inquisizione e l’educazione religiosa siano stati strumenti utilizzati per condizionare le credenze personali, imponendo un modello di pensiero unico e la repressione ogni forma di dissenso. Egli denuncia in particolare il potere del clero di influenzare la morale pubblica e privata, esercitando un’autorità superiore perfino a quella dello Stato.

L’autore sottolinea come questi tre “regni” siano interconnessi e si rafforzino reciprocamente: il potere temporale garantisce l’autorità per far rispettare il dominio spirituale e delle coscienze, mentre il monopolio sulla fede e sulla morale giustifica l’invadenza della Chiesa nella politica e nelle istituzioni civili.
Giannone scrisse il Triregno in un’epoca in cui il dibattito sul rapporto tra potere religioso e potere civile era particolarmente acceso. Il Settecento fu un periodo di forti tensioni tra il papato e i monarchi europei, che cercavano di limitare l’influenza della Chiesa nei loro territori. In particolare, i regni di Napoli, Spagna e Francia furono teatro di riforme giurisdizionaliste, volte a riaffermare l’autonomia dello Stato dalla Santa Sede. Nel Regno di Napoli, Giannone si inserì in questa corrente di pensiero, sostenendo la necessità di abolire i privilegi del clero e di riformare la giustizia per renderla indipendente dall’autorità ecclesiastica. La sua Istoria civile del Regno di Napoli aveva già suscitato l’ira della Chiesa per la sua denuncia delle usurpazioni del potere statale da parte del papato. A causa delle sue idee, Giannone fu costretto all’esilio e trascorse il resto della sua vita in fuga e in prigionia. Il Triregno rappresenta il culmine della sua riflessione politica e religiosa: in esso, egli non si limita a denunciare le ingerenze della Chiesa, ma propone una visione laica del potere, anticipando molte delle idee che si svilupperanno con l’Illuminismo e le rivoluzioni del XVIII e XIX secolo.
Sebbene meno noto rispetto ad altre opere settecentesche, il Triregno è un testo di grande valore per la storia del pensiero politico e religioso. La sua analisi del potere papale come sistema articolato e oppressivo risulta ancora attuale nella riflessione sulla laicità dello Stato e sulla separazione tra politica e religione.
L’opera di Giannone influenzò il pensiero di altri intellettuali illuministi e anticlericali, contribuendo alla formazione di un movimento culturale che porterà alla progressiva emancipazione degli Stati europei dall’autorità della Chiesa. Idee simili si ritroveranno nelle riforme giurisdizionaliste promosse da monarchi come Giuseppe II d’Austria e nelle battaglie politiche che condurranno alla fine del potere temporale dei papi nel 1870, con la presa di Roma da parte dello Stato italiano.
Oggi, il Triregno è studiato come un documento fondamentale per comprendere il conflitto storico tra autorità ecclesiastica e statale e per riflettere sui meccanismi attraverso cui il potere religioso può influenzare le istituzioni e la società. La battaglia di Giannone per un ordine politico fondato sulla ragione e sulla libertà di pensiero rimane una lezione di straordinaria attualità.